Lirica
LA TRAVIATA

Nello Santi, un vecchio leone a Venezia

Nello Santi, un vecchio leone a Venezia


Pare incredibile, anzi, che dire: pare incrollabile. Classe 1931, veneto nel midollo – nonostante sia un globetrotter ed abbia la cittadinanza svizzera, il dialetto polesano affiora di tanto in tanto – Nello Santi ha debuttato nel mondo della lirica ben 65 anni fa con un Rigoletto al Verdi di Padova, città dove aveva studiato musica. Di una generazione più giovane di Erede, Molinari Pradelli o Gavazzeni, dopo la scomparsa di Bruno Bartoletti resta lui il grande patriarca degli italici direttori d'orchestra. Pensate, correva l'anno 1951, lui a vent'anni già dirigeva dal podio mentre io appena stavo lì lì per nascere. Ora ad 85 anni quasi suonati – li compie tra poco, il 22 settembre prossimo – lo sappiamo ancora in giro per i grandi teatri di mezzo mondo, da New York a Salisburgo, da Napoli a Venezia, da Milano alla 'sua' Zurigo. A parte gli inevitabili acciacchi dell'età ed una corporatura non proprio agile, è un miracolo di longevità, anzi di più: un miracolo di lucidità, e di freschezza di spirito.

Repertorio sinfonico a parte, dove la sua bacchetta spazia dal classicismo al primo '900, in quello operistico ha affrontato nel tempo oltre 60 titoli: un bottino da fare invidia, che ha il suo nucleo centrale in Verdi di cui ha diretto tutto o quasi. E' nell'ambito dello scenario lirico che da sempre ”Papa Santi” (epiteto affettuoso che forse, senza volere, richiama quel Papa Sarto – cioè San Pio X° - amatissimo in terra veneta) viene stimato specialmente dagli addetti ai lavori: per come sa seguire ed accompagnare respiro e fraseggio dei cantanti, per l'equilibrio interno impresso alle partiture, in termini di tempi e di dinamiche, e per la chiarezza strumentale ottenuta. Per tale verso, è un grande trascinatore di orchestre, organismi cui sembra conoscere ogni segreto, e con le quali – buone o meno buone che siano - sembra trovare sempre la giusta intesa.  «L'orchestra è come una persona. Tutti noi respiriamo in maniera un po' diversa. Si devono amare i professori con i quali si collabora. Così facendo realizzeranno il massimo delle loro potenzialità», ha detto in una recente intervista a L'Espresso.

A Venezia non è venuto molte volte, dirigendo un paio di concerti e cinque produzioni operistiche, avendo peraltro sempre a disposizione interpreti di rango. La sua prima apparizione alla Fenice risale al 1961 con una Sonnambula (con Renata Scotto, Alfredo Kraus, Ivo Vinco); nel 1975-76 eccolo presentare La traviata e Madama Butterfly (con Maria Chiara, Gianni Raimondi, Mario Zanasi); nel 1995-96 I puritani (con Stuart Neill, Mariella Devia, Ellero d'Artegna, Giorgio Zancanaro) e di nuovo La traviata (regia di Pizzi, con Angela Gheorghiu e Ramon Vargas).

Per nostra fortuna, vent'anni dopo l'anziano maestro di Adria è tornato di nuovo nella Serenissima prendendosi la briga di dare con la sua presenza un po' di interesse alle infinite repliche de La traviata di Robert Carsen e Patrick Kinmonth - allestimento instancabilmente rimesso in cartellone dal 2003 - grazie ad una serie di recite da lui dirette già nell'aprile scorso, ora in questo scorcio settembrino, e poi messe in cartellone nella primavera ventura. Accolto sempre dall'affetto del pubblico, va da sé: anche in questa recita domenicale, molti applausi e voci d'affetto sono saliti dalla platea, dai palchi, dal loggione: “Papa Santi” ne sarà stato ben contento.
Descritta in poche parole, questa sua Traviata veneziana possiede il merito di una concertazione, savia, ponderata, intimamente lirica e dall'atmosfera ariosa; perché l'orchestra viene guidata con accorta finezza, specie nei struggenti Preludi e nella concitazione delle scene mondane, e la concertazione sostiene a perfezione il lavoro dei cantanti con un'agogica e con una scelta di dinamiche assennate.
Sotto la sua bacchetta un complesso artistico formato innanzitutto da Maria Grazia Schiavo, Stefan Pop e Dimitri Platanias, interpreti principali in alternanza con Ekaterina Bakanova, Ismael Jordi, Shalva Mukeria, Marcello Rosiello.
Bene: il giovane soprano napoletano, reduce dalla recente Traviata romana “di Valentino Garavani”, mi pare sappia rendere molto bene la passionalità nevrotica prima, e l'angoscia solitaria poi di Violetta, scoprendo sempre, dal lato psicologico, le giuste sfumature interpretative. Risolti dunque in questo senso positivamente il soliloquio di «E' strano! È strano!», meglio ancora tutta la lunga scena iniziale del secondo atto, e l'«Addio del passato» è stato meritatamente applaudito. Mette in mostra precisione e diligenza tecnica, ed il fraseggio convince; però la voce è un po' vuota nel registro grave e gli acuti a volte escono ahimé bruttini (vedi la fine del primo atto), e non sempre risaltano le necessarie sfumature di colore.
Il tenore romeno, tipico tenore lirico leggero, gigioneggia alquanto nel personaggio di Alfredo, che rimane sempre un pochino in superficie. Però se parliamo della voce in sé, nulla da eccepire: tinta calda e luminosa, emissione e fraseggio brillanti, e quando serve è pronto ad acuti sonori ed argentini, naturalmente privi di forzature come nel solare slancio di «Lunge da lei».
La migliore 'prima parte' di questa recita domenicale è forse il baritono greco Dimitri Platanias: un Germont padre massiccio ed austero sulla scena, sia per l'impatto attoriale, sia per l'impetuosa carica vocale: un torrente di voce che riesce ad amministrare nondimeno con savia sottigliezza, nobile fraseggiare e buon senso del colore. Peccato però che dopo «Di Provenza il mare, il suol» gli sia stata negata – capita ancora, purtroppo - la cabaletta «No, non udrai rimproveri» che avremmo ascoltato volentieri.

Il resto del cast veleggiava su mari tranquilli e rotte sicure: Elisabetta Martorana (Flora), Sabrina Vianello (Annina), Emanuele Giannino (Douphol), Mattia Denti (Grenvil), Matteo Ferrara (d'Obigny).
In ottima forma l'Orchestra e pure il Coro della Fenice, che per di più in questi giorni settembrini alternano a questo titolo recite di Norma ed Elisir d'amore. Lo spettacolo si è felicemente concluso con lunghi e calorosi apprezzamenti rivolti a tutti gli interpreti.

 

Visto il 11-09-2016
al La Fenice di Venezia (VE)