Lirica
LA TRAVIATA

Traviata con Flora in dolce attesa

Traviata con Flora in dolce attesa

Questo luglio estremamente bizzarro, che porta con sé un insopportabile maltempo che ci fa sembrare d’essere in autunno più che nella bella stagione, hanno costretto l’Operaestate Festival/Lirica d’estate 2014 a dirottare all’ultimo momento la rappresentazione de “La traviata” – titolo chiamato ad inaugurare una stagione lirica che proseguirà a novembre e dicembre con “il Barbiere di Siviglia” e “La vedova allegra” – dalla collina alla pianura;  trasferendola cioè dagli spalti del medievale Castello degli Ezzelini che domina dall’alto la città di Bassano, sede del teatro all’aperto intitolato all’indimenticabile Tito Gobbi, ai meno romantici ma più sicuri spazi del PalaBassano, l’ampia struttura periferica polivalente che peraltro ospita da vari anni le recite invernali del cartellone bassanese.


In scena quale protagonista abbiamo trovato Gladys Rossi, che debuttò come Violetta nel 2008 proprio qui a Bassano ed a Padova - la produzione era comune - con la memorabile regia di Denis Krief e la bacchetta di Tiziano Severini. Un po’ più convincente allora, che oggi: il primo atto è andato così così, con una voce che fatica a proiettarsi in avanti, né mostra la necessaria consistenza in centro, né sempre riesce a superare indenne i famosi passi di agilità; decisamente meglio però nei due atti successivi, dove la costruzione del personaggio della demi-mondaine pentita prende il sopravvento, e la quadratura di una giusta emissione meno importante:  emerge così nell’interpretazione del giovane soprano romagnolo una notevole immedesimazione nel ruolo, convincente gioco scenico, buona varietà d’accenti e di colori. Bene dunque tutto il confronto con il borghesissimo padre di Alfredo, e subito dopo con Alfredo stesso, risolto a puntino tutto lo struggente finale, dallo struggente  «Addio, del passato» sino al drammatico «Ah! Gran Dio!». Le stava accanto l’Alfredo del trentacinquenne tenore italo-messicano Rodrigo Trosino, che dalla nativa Puebla sta cercando un suo spazio in Italia. Il materiale di base non è male, per una naturale luminosità e per il lodevole slancio, e la parte dovrebbe calzargli a dovere perché la stoffa vocale, in linea di massima, sta a mezza strada tra il tenore di grazia e il tenore lirico: non a caso, tra i primi ruoli sinora affrontati troviamo Don Ottavio, Duca di Mantova, Nemorino. Manca però lo spessore, la potenza non è granché, l’emissione diseguale, qualche menda nell’intonazione si avverte qua e là, tutto l’insieme appare approssimativo: come stavano a dimostrare un brindisi alquanto annacquato, e un “Lunge da lei…De’ miei bollenti spiriti” tentennante e poco trascinante. Insomma, qui bisogna ancora lavorare sulla voce, cacciar fuori il meglio di sé, poi si vedrà. Germont padre poggiava sulle solide spalle di Marzio Giossi, di modo che il personaggio dell’antipatico genitore usciva bello tondo e rifinito come si deve, con un fraseggio appropriato, le opportune diversificazioni di colore, adeguati accenti espressivi, e quell’autorevolezza in scena che gli è propria. Figure di contorno scelte con cura, dalla Flora palesemente e simpaticamente in dolce attesa di Alessandra Carruccio all’Annina di Silvia Celadin, dal Gastone di Orfeo Zanetti al Douphol di Christian Starinieri, dall’Obigny di Federico Cavazza al Grenvil di Carlo Agostini.


L’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta era diretta con il consueto innegabile professionismo da Stefano Romani, con scelta adeguata dei tempi, giudiziosa lettura, proficuo dialogo con i cantanti; ben concertati, con sensibilità ed abbandono lirico, entrambi i Preludi. Corretti tutti gli interventi del Coro Lirico Veneto diretto da Dino Zambello.


Con Operaestate Festival il giovane regista Federico Bertolani, che si sta ritagliando pian piano uno suo spazio nel panorama  teatrale nostrano, ha avviato una proficua collaborazione: nel luglio 2012 realizzando un “Rigoletto” a Rossano Veneto, spettacolo ‘open air’ estivo poi portato a Rovigo, dove è stato presentato a cura del Teatro Sociale nell’ambito del Festival ‘Tra Ville e Giardini’; e messo poi in scena a gennaio 2013 al PalaBassano un “Don Giovanni” di notevole valenza scenica; due spettacoli entrambi commentati a suo tempo per Teatro.it, riportandone una favorevole impressione. Anche in questa nuova commissione Bertolani ha dato fondo al suo indubbio talento: operando nell’ambito di una scenografia minimalista che prevedeva solo un grande, lungo tavolo nel primo atto, una specie di piccola serra a significare la casa di campagna, un gelido letto al centro per il finale, ha messo in piedi uno spettacolo persuasivo, sia negli ‘a solo’ e nei serrati dialoghi, là dove cioè prende maggiormente risalto la gestualità individuale, sia nei momenti corali. Abilmente descritta, per dire, tutta la scena tra Violetta e Germont senior, e quella successiva tra quest’ultimo ed il figlio; e poiché sa ben amministrare il gioco delle masse, gli è riuscita molto bene la scena iniziale della festa in casa di Violetta, forse un po’ meno quella in casa di Flora; due momenti pensati peraltro entrambi con indubbia eleganza visiva, e senza indulgere mai ad eccessi ‘folkloristici’. Fattore non secondario, a riempire la scena, imprimendo maggiore concretezza visiva ai sentimenti individuali, stava un forte gioco di luci, una componente scenica sinora fondamentale nelle ideazioni di Bertolani: luci ora calde e vibranti, nei momento di vorticosa passione, ora algide e raggelanti a suggerire il dramma interiore di Violetta. Costumi di taglio moderno, adatti al contesto di base, non firmati al pari delle scenografie; per quanto riguarda l’imprevisto trasloco dallo spazio aperto a quello chiuso, non ci pare che lo spettacolo abbia minimamente sofferto.

Visto il
al CMP Arena di Bassano Del Grappa (VI)