Lirica
LA TRAVIATA

TRAVIATA SUL DIVANO

TRAVIATA SUL DIVANO

Dopo le atmosfere mitteleuropee e raffinate del Maggio, la stagione estiva fiorentina prosegue all’insegna del repertorio con Traviata, nell’allestimento ideato da Franco Ripa di Meana nel 2009 per la rassegna “Recondita Armonia”. Se pur si tratti di una produzione nata come prodotto low –cost, offre qualche spunto interessante e risulta visivamente gradevole per le scene efficaci di Edoardo Sanchi e i curati costumi tardo ottocenteschi di Silvia Aymonino.
Sulle note dell’ouverture vediamo Violetta in elegante abito da sera rosso osservare con rimpianto scene di vita quotidiana che hanno luogo ai lati della scena e che esprimono un mondo familiare e borghese a lei precluso. Ma il senso di dolorosa angoscia viene spazzato via dalla rapida discesa di tre teli rossi che sulle note vorticose e leggere allontanano i fantasmi di Violetta nascondendo le tristi tappezzerie delle pareti per fare spazio alla festa: un gigantesco divano rosso che scivola dal fondo affollato di cortigiane vestite come la protagonista e sui cui braccioli  imbottiti Alfredo fa l’equilibrista intonando il brindisi. Imponenti lampadari a goccia di cristallo e il pavimento di specchio nero contribuiscono a creare un colpo d’occhio raffinato dominato dal rosso acceso dei vestiti, dei tendaggi e dei velluti.
Nel secondo atto le pareti verdoline dai bianchi disegni floreali introducono, non senza una nota di tristezza, un ambiente piccolo borghese  arredato con pochi mobili ottocenteschi disposto su di una pedana leggermente sopraelevata che sembra fluttuare nella scena.
Meno riuscita la festa da Flora, dove i limiti di  budget sono fin troppo evidenti nei tavoli da gioco di metallo ricoperti da teli verdi illuminati da brutte luci al neon e anche l’intervento di zingarelle e toreri, privo di  componente coreografica e affidato al  canto di un coro praticamente immobile, ha un che di irrisolto.
Il grande divano torna nel terzo atto, divenuto desolato letto di morte di Violetta, la cui solitudine e miseria è anche sottolineata dai mobili e oggetti ammassati in disordine in attesa di essere messi all’asta e visionati da  possibili acquirenti noncuranti dell’agonia della protagonista.

Marina Rebeka è una Violetta di notevole bellezza, dalla voce luminosa e sicura in tutti i registri; oltre alla presenza scenica si apprezzano le agilità curate e la bellezza del timbro, il personaggio però ha un che di generico e vorrebbe un maggiore approfondimento psicologico. Aquiles Machado è un Alfredo irruento e temperamentoso, ma qualche difficoltà di emissione nei passaggi di registro ne compromette lo slancio. Vladimir Stoyanov è un Germont  dalla voce morbida e duttile, ma fin troppo garbato. Poco incisiva la Flora di Elena Traversi, Italo Proferisce è il Barone e Salvatore Grigoli il Marchese. Fra i comprimari si distinguono il Gastone di Eduardo Hurtado e l’Annina vocalmente gradevole di Desirée Migliaccio, bene anche il Dottore  di Juan Josè Navarro. Completano adeguatamente il cast Davide Cusumano (Giuseppe), Romano Martinuzzi (Domestico) e Lisandro Guinis (Commissario).

La direzione di Giampaolo Bisanti (che ha sostituito all’ultimo Andrea Battistoni),se pur corretta  e adeguata nell’accompagnare il canto, risulta piuttosto impersonale e povera di  tensione drammatica, per cui il dramma di Violetta scivola via senza vibrazioni. In un momento di forti incertezze e tensioni, coro e orchestra hanno rinunciato allo sciopero preferendo protestare con qualche minuto di silenzio in apertura e con lo scotch nero sulla bocca durante gli applausi. In un teatro quasi esaurito un pubblico composito e particolarmente caloroso ha  tributato lunghi applausi a tutto il cast. 

Visto il
al Maggio Musicale Fiorentino di Firenze (FI)