La vedova allegra di Franz Lehár va in scena al Teatro Comunale di Treviso, sotto la cura di Paolo Giani Cei che ha pensato a tutto, ma proprio a tutto. Regia, scenografia, costumi, luci. Persino alle coreografie.
Dalla sua creatività nasce uno spettacolo gaio e turbinoso, in cui la celebre operetta subisce qualche modifica - vedremo dopo come – accrescendo la sua vitalità; tutto risulta piacevole ed equilibrato, senza eccessi né sbavature, carico di bella musica, di joie de vivre e di suadente comicità.
Nella “piccola lirica", accade spesso che un regista - d'intesa con il direttore - scombini un po' la struttura di un lavoro, apponendo modifiche che, magari, mai si permetterebbe con Verdi o Puccini. Ma l'operetta è teatro 'leggero' per antonomasia, lo scopo ultimo è intrattenere e divertire il pubblico. Ogni mezzo è valido, compreso quello del pastiche musicale.
GLI SPETTACOLI IN SCENA IN ITALIA
Non solo Franz Lehár
Al ricevimento di Hanna Glawari è d'uso l'arrivo di artisti 'extra' ad animare la serata pontevedrina. Qui è invitata una Diva Italiana: canta il Valzer di Frou Frou da La duchessa del Bal Tabarin di Carlo Lombardo; e poi anima la festa Chez Maxim con l'Air de la griserie (Je suis grise, cioè Sono sbronza) da La Périchole di Offenbach. Una Diva dunque alquanto su di giri, va da sé, tuttavia maliziosamente charmante.
Va detto che il rapido atto conclusivo ambientato nel cabaret parigino, viene intelligentemente rimpolpato da Giani Cei attingendo al repertorio di Lehár, e non solo: dopo l'entrée di Njegus Stanotte faccio il parigin, segue il languido assieme maschile Nell'armadio delle signore e quindi, dopo la consueta irruzione di Valencienne e delle grisettes, il trio Sylviane/Olga/Praškowia intona Heja, fanciulla (brano che solitamente impegna Hanna e Danilo al II° atto).
Spunta a sorpresa pure il siparietto comico del “Duo de la mouche” ripreso da Orphée aux Enfers di Offenbach. E' deliziosamente eseguito da Njegus - truccato da mosca, ovviamente - e dalla Diva Italiana. Epilogo coreografico, il travolgente Can Can, sempre da Orphée aux Enfers. Passerella finale con la ripresa di E' scabroso le donne studiar. Fatti i conti, sono in tutto tre ore di bella musica e danze, affidate quest'ultime ai bravi ballerini del Padova Danza Project.
Una Vedova attesa per un anno
Nel teatro trevisano questa Vedova allegra doveva andare in scena un anno fa, a ruota del Teatro Verdi di Padova; ci si mise di mezzo il lockdown e l'operetta, ormai bell'e pronta, venne trasmessa dalla Città del Santo tramite streaming, da una sala vuota. Ne abbiamo parlato, a suo tempo. Vederla di persona è però un'altra cosa.
Cambia la bacchetta, ed in meglio. Francesco Rosa fa compiere alla concertazione un salto di qualità non indifferente: la ricchezza musicale della partitura che ha davanti, il brio e la leggerezza che attraversano il capolavoro di Lehár, trovano con lui massimo risalto, dal momento che procede con mano leggera e sano spirito viennese. Anche perché trova piena intesa ed un buon alleato in una vaporosa Orchestra Filarmonia Veneta. E nel buon Coro Lirico Veneto.
La compagnia è all'incirca la stessa di un anno fa. Restano le riserve sull'interprete principale, dato che l'Hanna di Anastasia Bartoli, dall'atteggiamento algido e compassato, sul palcoscenico non appare né frizzante, né spiritosa, né coquette. Quindi a latitare è proprio la protagonista. E la voce, benché ben amministrata, rivela per di più una spiacevole risonanza adenoidea.
Dal canto suo, Alessandro Safina interpreta ancora una volta per noi il suo Dànilo, pressoché ideale per linea di canto seducente, e per atteggiamento sornione, aristocratico, elegante. Con una faccia che non sai se riempire di schiaffi, o di baci. Molti interpreti, ben combinati Nicolò Ceriani tratteggia uno spiritoso Barone Zeta; la tenera coppia Valencienne/Rossillon viene pòrta con grazia e sentimentale dolcezza da Rosalia Cid e Marco Ciaponi, notevole figura tenorile.
Daniela Mazzuccato un'irresistibile Diva Italiana e Max René Cosotti un irrefrenabile Njegus: insieme nella vita come sul palcoscenico, sono da sempre due insuperabili interpreti d'operetta. Poi: Silvia Celadin è Sylviane; Alice Marini, Praškowia; Giovanna Donadini, Olga; Askar Lashskin è Cascada; Stefano Consolini, St.Brioche; Luca Gallo, Bogdanović; Dario Giorgelé, Kromow; Antonio Feltracco, Pritschitsch (non colonnello ma porporato, per dare un tocco di colore).
Un pericolo sempre in agguato: un'imprevista defaillance
Alla replica di domenica 10, un guaio. Anastasia Bartoli, poco prima del levar di sipario, per un'improvvisa indisposizione ha dovuto dar forfait. Trovare in due ore una sostituta – una sostituta, ben inteso, che conoscesse l'operetta a memoria, battute comprese, e che avesse bon esprit – pareva un'impresa disperata.
Il miracolo però è avvenuto, da Milano si è fiondata di corsa a Treviso il soprano Elisa Balbo. Lo spettacolo è cominciato quasi tre ore dopo (e con qualche spettatore spazientito in meno) ma è stato salvato. E la cantante ligure ha conquistato la sala.