Sono passati 100 anni ma non …

Sono passati 100 anni ma non …
Sono passati 100 anni ma non li dimostra. È il 30 dicembre 1905 quando la celebre operetta di Franz Lehàr, “La vedova allegra”, viene rappresentata al Teatro di Vienna. All’epoca, i critici la considerano troppo nuova, originale e profondamente rivoluzionaria nel suo soggetto intriso di forte erotismo. Ma il successo non tarda ad arrivare e la celebre operetta viene portata in scena sui palcoscenici di tutto il mondo. Mario Migliara, regista e interprete del Barone Zeta, ha incentrato la rappresentazione su un estremo umorismo e sulla rapidità delle situazioni che cambiano all’interno della narrazione scenica. Per l’occasione, ha scelto come suoi “compagni di viaggio” il soprano Tiziana Scaciga della Silva, la “vedova allegra”, Evans Tonon, il conte Danilo Danilovich, Paola Molinari nel ruolo di Valecienne, Pippo Veneziano, il francese Camillo De Roussillon. Apprezzabile e significativa è stata la scelta degli autori di affidare l’esecuzione dei brani musicali ai Solisti dell’Orchestra Filarmonica di Milano, formata da neodiplomati del Conservatorio e dell'Accademia di perfezionamento dei professori d'Orchestra del Teatro alla Scala. Ancora una volta, una celebre opera viene in aiuto dei giovani che hanno necessità di esibire il loro talento e confrontarsi con il pubblico. Danza e canto sono gli elementi tradizionali dell’operetta: il pubblico ha apprezzato la vivacità musicale dell’orchestra e l’aspetto coreografico curato del corpo di ballo. Gli interni, gli esterni e le situazioni più particolari sono evidenziate da effetti di luce di buon gusto. L’operetta è divisa in due atti: nel secondo, sono stati proiettati i quadri di Toulose Lautrec, dando una dimensione ancora più artistica all’operetta. Il linguaggio usato durante le parti recitate è stato piacevole e poco complesso; le interpretazioni cantate però, possono risultare incomprensibili a chi si avvicina per la prima volta a questo genere, forse noiose. Tuttavia, la rappresentazione è stata gradevole e può trasmettere la voglia di scoprire il mondo dell’operetta anche ai meno esperti. La trama. Parigi, belle epoque. L’ambasciatore di Pontevedro, Barone Zeta, ha avuto l’ordine di far convogliare a nozze l’ereditiera Anna Glawary con un pontevedrino, il Conte Danilo Danilovich. Organizza un ricevimento per far incontrare i due non sapendo che il conte e la “vedova allegra” sono stati in passato amanti. Nel frattempo, Valecienne, consorte del Barone Zeta, viene corteggiata dal diplomatico francese Camillo De Roussillon. Per salvare la baronessa che sta per essere sorpresa tra le braccia del suo spasimante, Negus, cancelliere dell’ambasciata, chiede ad Anna di sostituirsi alla moglie del barone. La scoperta dei due, appartati nel chiosco, rende il conte furioso al punto che, spinto dalla gelosia, abbandona il ricevimento. L’equivoco verrà sciolto quando Anna rivelerà che non era lei la donna tra le braccia di Camillo e che perderà tutta la sua eredità se mai dovesse contrarre seconde nozze. Danilo chiede la mano di Anna e lei, sicura del suo amore, gli svela che perderà il suo patrimonio solo perché il nuovo marito ne diventerà il legittimo proprietario. Gli anni passano ma “La vedova allegra” è ancora attuale: intrighi, colpi di scena e malintesi sono l’anima di quest’opera. Lehàr ha messo in evidenza come il vile tornaconto personale possa soppiantare la dignità umana. I corteggiatori di Anna sono disorientati dalle sue ricchezze materiali, non vogliono vedere oltre il muro delle apparenze. Il conte Danilo è l’esempio dell’uomo che ha scelto l’amore. In principio, rinuncia a sposare Anna perché non vuole le sue ricchezze ma, una volta venuto a conoscenza della verità, non oppone ostacoli alla loro unione. L’amore supera ogni ostacolo e va oltre le apparenze: è forse questo il messaggio di Franz Lehàr? La risposta è in ognuno di noi. Milano. Teatro Nuovo 20-22-23 settembre 2007