Fabriano (AN), teatro Gentile, “La vedova scaltra” da Carlo Goldoni
UN SOLO MARITO E NUMEROSI AMANTI
Scritta negli anni del teatro Sant'Angelo, “La vedova scaltra” (1748) rappresenta la transizione tra Commedia dell'Arte e Commedia Nova ed è costruita attorno a un personaggio centrale su cui fa perno l'intero movimento scenico. Rosaura, maritata giovanissima a un vecchio e ricco mercante, è rimasta vedova ed è in cerca di un marito per colmare la solitudine e riempire lo spazio di quel lettone simbolicamente smisurato. Quattro cavalieri, uno italiano, uno francese, uno inglese e uno spagnolo, corteggiano la saggia e appassionata vedova ma solo uno sarà il prescelto. Per mettere alla prova il loro amore Rosaura si presenta a ciascuno di essi travestita, negli abiti e con i modi delle rispettive nazioni. Solo l'italiano si mostra refrattario al fascino della sconosciuta e a lui Rosaura concede la sua mano.
Lina Wertmüller, con la collaborazione di Tiziana Masucci, snellisce il testo ed elimina alcuni personaggi, tra cui Eleonora, sorella di Rosaura. Arlecchino rimane l'unica maschera, su cui si concentra l'incontro-scontro tra “vecchio” e “nuovo”. I quattro pretendenti sono il segno di una Venezia internazionale, pullulante di artisti e avventurieri. Nel prologo in dialetto Rosaura parla di sé e di Venezia (“in alto la fortuna con le vele al vento, il basso le radici che affondano nel fango della palude”). Poi, con naturalezza, passa all'italiano, condito dai forti accenti nazionali dei cavalieri, i quali hanno ovvi caratteri: elegante e galante il francese, educato e flemmatico l'inglese, irruento e orgoglioso lo spagnolo, appassionato e gelosissimo l'italiano (“ah, la gelosia: tormento per l'amante, ingiuria per l'amata”), che alla fine conquisterà il cuore di Rosaura. Il cuore, appunto, solo il cuore. Perchè il letto sarà diviso con gli altri cavalieri: un solo marito, ma numerosi amanti (“per scegliere un amanti occorre aprire un occhio, per scegliere un marito occorre aprirli tutti e due ed usare a volte anche un microscopio”). L'italiano ha la meglio sugli altri, denotando la superiorità dell'italica cultura nel Settecento: “l'Italia oggi dà regola nella maniera di vivere”.
Fuori impazza il Carnevale, un'atmosfera che spinge all'amore. Il travestimento è uno dei motivi dominanti la commedia. Al centro c'è un letto, nella significativa scenografia di Enrico Job (suoi anche gli appropriati costumi), il regno di Rosaura, dove le candide lenzuola sembrano onde in un mare in tempesta. Venezia è sullo sfondo, sembra minimale rispetto a quel lettone smisurato (su cui si sale con dei gradini, come presso un altare), una città disegnata con materiali poveri, volutamente.
La regia della Wertmüller, alle prese per la prima volta con un testo “classico”, sottolinea gli incastri su cui è costruita la commedia, sfrondando il testo e imprimendo una maggiore compattezza alla vicenda. La parola chiave dell'adattamento è “amore”, declinato in varie maniere, che permette di leggere i caratteri e gli eventi in un certo modo. Contribuiscono a creare atmosfera le musiche originali.
Raffaella Azim è una bravissima vedova, che domina la scena e tutti i personaggi, muovendoli a suo piacimento, scaltramente appunto, come burattini in una Venezia teatralissima. Con lei Giovanni Costantino, Elena D'Anna, Francesco Feletti, Massimo Grigò, Roberto Valerio e Gianni Cannavacciuolo (Arlecchino).
Pubblico attento e divertito, che ha molto applaudito il piacevole spettacolo.
Visto a Fabriano (AN), teatro Gentile, il 17 febbraio 2008
Francesco Rapaccioni
Visto il
al
Politeama Dianese
di Diano Marina
(IM)