Lo diciamo subito, La verità è un limone è uno di quegli spettacoli che vanno visti ad ogni costo e dato che resta in scena solamente fino a domenica 22 smettete di leggere e prenotate subito un biglietto.
Prenotato?
Bene! allora possiamo continuare. Scritto e interpretato dalla giovanissima ma già bravissima (abituatevi i superlativi si sprecheranno in questa recensione) Selene Gandini che, accanto alla passione per il teatro di prosa (è nella compagnia di Giorgio Albertazzi), coltiva quella per la clownerie e il teatro di figura (si è perfezionata in Francia a Parigi con Mona Mouche), La verità è un limone inizia come una commedia leggera: il protagonista Tuye-yè-yè (interpretato da Selene) ci introduce nella sua soffitta, piena di bauli, di lenzuoli e di amici: due insetti di pezza (che fa corteggiare, animandoli dietro un baule di vimini) un orso di peluche, una testa di cavallo, di quelle che si possono "cavalcare", una paletta ed una piccola scopa di plastica rossa, e racconta, a un pubblico immaginario, la propria storia in un flusso di coscienza alogico dove la fantasia (e l'ironia) sono le uniche coordinate.
Tra principi innamorati (e traditi), scopetta e paletta che fanno i capricci (e vengono chiuse per punizione nel baule) Tuye si muove in questo mondo fantastico con la fantasia e l'ingenuità di un'anima pura.
In questo mondo evocato-costruito irrompono quasi da subito alcuni flash del mondo reale, all'inizio timidamente (alcune immagini retroproiettate sul uno dei lenzuoli quando Tuye descrive la sua torta preferita, alle fragole) poi in maniera sempre più insistita. Intanto Tuye parla di due padri fantasmatici, uno dolce, l'altro severo, delle sue amiche (che vediamo in video e capiamo subito a quale mestiere si dedicano) che lo coccolano e gli fanno la torta per il compleanno. Ma poi ecco che le stesse facce amiche diventano una sorta di incubo che spaventa Tuye. Cercando di superare le sue paure Tuye millanta di essere stato invitato a diventare capo del mondo, ruolo al quale rinuncia quando scopre che non può portare con sé gli amati peluche o la madre (che Tuye ricorda danzare...). Arriva persino a parlare con Gesù sulla croce (chiedendogli la torta alle fragole che gli aveva promesso...). Intanto, di tanto in tanto, la voce registrata di Giorgio Albertazzi, racconta della sua infanzia, della madre-mamma sfruttata in questo ruolo dall'uomo maschilista, canta canzoni che gli ricordano l'infanzia, si improvvisa in filastrocche. Fino al risveglio finale nel quale Tuye, vedendosi allo specchio per la prima volta, fa i conti col principio di realtà (incarnato dalla voce di un bambino di 10 anni, alla prima, a Genova, nell'autunno del 2007 presente in scena in carne ed ossa, ora in video per ovvi motivi scolastici) e capisce, e noi con lui, come la realtà in cui lei vive è stata deformata nel suo mondo fantastico e perché.
Selene è un vero animale da palcoscenico e regge da sola il ritmo sempre più incalzante del racconto, interpretando vari personaggi, dimostrando le infinite possibilità espressive dei muscoli facciali in un modo sorprendente e naturale; danza con monopattini, farfalle di stoffa, interagisce con scale, lenzuoli, pistole (giocattolo), insomma è un'attrice totale che affronta, senza soluzione di continuità, capriole, danza, recitazione, mimo e teatro di figura.
Il racconto si fa seguire nella sua incredibile freschezza, come se Tuye stesse davvero improvvisando all'impronta il suo mondo fantastico a nostro esclusivo beneficio e nel finale (che si preoccupa forse un po' troppo di spiegare tutto) il principio di realtà che viene riaffermato non serve per cancellare il sogno ma per permettere allo spettatore (e anche a Tuye) di saggiare la profondità dei temi e delle problematiche che hanno contribuito a generarlo.
Un testo intelligente e leggero che va letto a più livelli che non annoia mai, non è mai pesante né pretenzioso, sostenuto da un'urgenza sincera di raccontare. Una vera e propria terapia sia per lo spettatore, che si rinfranca costatando che il teatro è ancora in buona salute e sa regalarci ancora dei piccoli gioielli, sia l'uomo (la donna) che possono riconoscersi in questa messa in scena dell'inconscio e capire come il gioco, la fantasia onirica, se ben sostenute da un solido principio di
realtà, sono l'unico modo per (soprav)vivere in un mondo sempre più difficile e borghesemente di adulti come il nostro.
E, alla fine, come dice Albertazzi, la verità è un limone, che è il frutto più bello, giallo e dalle foglie verdi...
Uno spettacolo da non mancare assolutamente per chi ama ridere, pensare e vivere.
Roma, Teatro Lo Spazio dal 17 al 22 marzo 2009
Visto il
al
Lo Spazio - Sala Grande
di Roma
(RM)