LADY GREY (CON LE LUCI CHE SI ABBASSANO SEMPRE DI PIù)

Una Lady Grey algida.

Una Lady Grey algida.

L'edizione 2011 de Le Vie dei Festival si è aperta con due testi di Will Eno, il drammaturgo contemporaneo americano che deve la sua fama agli allestimenti messi in scena in Gran Bretagna.
Nella scorsa edizione del Festival era stato presentato Thom Pain, un monologo interpretato da Elio Germano. Stavolta Elio torna in scena come presenza video nell'apertura di Lady Grey, un altro monologo interpretato da Isabella Ragonese.


Il monologo è preceduto dalla lettura, in anteprima nazionale, di un altro brevissimo monologo Mister Theatre torna a casa cambiato letto da Claudio Gioè.
In questo breve testo il protagonista si rivolge al pubblico, chiedendogli di fare un esercizio d'immaginazione (fingete che io...) proiettando sullo spettatore quel che di solito avviene sul palco mentre qui le situazioni sono dette e non solo perchè il testo viene letto invece che messo in scena.
Un testo icastico nella sua brevità, eseguito da Gioè con fin troppa precisione. Troppa perchè l'approccio recitativo scelto dall'attore non è quello della lettura che, nel suo farsi, mette in campo il fatto che si tratta non già della recitazione di chi ha imparato a memoria una parte ma di chi sta leggendo un testo pensato per la recitazione. Gioè invece affronta il testo senza cesure come lo stesse recitando a memoria, non giustificando così l'operazione stessa che, essendo il testo incentrato su un attore che si rivolge direttamente al pubblico, avrebbe permesso di giocare su ancora un altro livello narrativo.


Uscito di scena senza nemmeno tornare a prendersi gli applausi, Gioè lascia una scena vuota che si fa immediatamente buia, e che, subito dopo aver dato il tempo all'attrice di prendere posto sulla sedia vuota che il pubblico già visto durante la lettura, si anima di due immagini proiettate sulle quinte nere. Sono quelle di un uomo e di una donna, i quali, in figura intera, entrambi con un microfono in mano, parlano di se stessi. Dopo un po' si capisce che i video sono quelli che si registrano per presentarsi nelle agenzie matrimoniali. L'impressione che i due danno di sé è di due persone strane, buffe, quasi degli emarginati sociali.
Poi le immagini si interrompono e si accendono le luci, in successione, sempre più forti, mentre la ragazza, la stessa che abbiamo visto nel video, con lo stesso vestito rosso ma i capelli sciolti, osserva la platea con fare sapiente.
Anche questo personaggio interagirà con il pubblico, indirizzandosi agli spettatori con commenti caustici sulla sua passività, commentandone la bellezza, l'essere tutti bianchi, o rivolgendogli continue domande retoriche, mentre racconta due storie parallele, una d'amore, a lei successa, con un ragazzo dalla camicia celeste e  l'altra di una bambina (perchè a teatro c'è sempre bisogno della storia di una bambina), Sabrina o Sabi, che durante un mostra e dimostra (show and tell), una presentazione scolastica fatta al resto della classe, pensa bene di mostrarsi nuda.
Il monologo oscilla tra ragionamenti sulla retorica degli espedienti narrativi, e sulla banalità delle cose che ci dice la donna da sola in scena. al racconto in parallelo di Sabrina e del ragazzo con la camicia celeste. 
A differenza di Thom Pain monologo nel quale le idiosincrasie del personaggio maschile vibrano in in sintonia con il sentire del suo autore, questo personaggio femminile (che non ci dice mai il suo nome) si presenta meno centrato, frammentato in una pletora di dettagli presi dall'immaginario collettivo americano, quello codificato da tanti telefilm che giungono anche in Italia, senza costituire mai una persona rimanendo pura descrizione niente affatto o poco sentita, più mostrata che veramente capita.
Un personaggio meno immediato e più legato a una cultura che non è nostra (quel continuo rivolgersi al pubblico in sala come a un magnifico pubblico di bianchi che nel nostro paese non ha lo stesso significato che può avere negli States o in Inghilterra). Un gap culturale sul quale magari la traduttrice, così come  è intervenuta sul nome della bambina (che in originale  è jennifer) o sulla traduzione dello show and tell (mantenendo quella usata dagli anni ottanta per l'edizione italiana dei Peanuts) poteva intervenire anche su questa frase (ripetuta più volte) aggiornandola al nostro orizzonte xenofobo.
Isabella Ragonese, che firma anche la regia in collaborazione con Silvio Peroni, indossa il monologo senza viverlo veramente svantaggiata forse dallo stesso gap culturale che relega noi pubblico italiano ai margini di quelle dinamiche che nel testo originale sono momenti di condivisione e non di straniante diversità. Ragonese è algida, troppo educata per mettere davvero in imbarazzo il pubblico coi commenti caustici del suo personaggio, troppo per bene per dare credibilità a una cattiveria che, già poco centrata nel testo, indosso a lei diventa pura affettazione, mera ostentazione di qualcosa che non si ha e si pretende di avere.
Invece di imbarazzare, infastidire ma, anche, coinvolgere emotivamente il pubblico, mostrando un personaggio che ne rappresenta in maniera precisa le idiosincrasie, uno specchio che rimanda a ognuno e ognuna l'ipocrisia, la crudeltà e l'egocentrismo  piccolo borghesi e capitalisti di una società di colonizzatori, Lady Grey  ha l'effetto di uno spettacolo borghese ad uso e consumo di un pubblico borghese che si illude di mettersi in discussione mentre in realtà (auto)conferma tutti i disvalori di cui è impregnato con un capovolgimento semantico (la Lady Grey di Ragonese no rappresenta noi come sembra essere nelle intenzioni del suo autore) ma rappresenta al contrario tutto quello ciò che noi non siamo confermando la nostra normalità.
E l'unico vero pregio dei questa messinscena  è quello di individuare una ambiguità del della protagonista del monologo senza mostrarci quanto di questa ambiguità dipenda dell'allestimento e quanto del testo in sé in una probabilmente inconsapevole metacritica al teso che percorre lo stesso cammino metanarrativo in cui Will Eno sembra essersi ormai impantanato.

 

Visto il 10-10-2011
al India - sala A di Roma (RM)