Lady Macbeth: uno Shostakovich aspro e splendido al San Carlo

"Lady Macbeth del distretto di Mtsensk"
"Lady Macbeth del distretto di Mtsensk"

Il massimo partenopeo offre una lettura serrata e spiazzante di una delle creazioni operistiche più interessanti del Novecento; ”Lady Macbeth del distretto di Mtsensk” mancava a Napoli da diciotto anni.

Né colpevoli, né innocenti

Storia cruda, scandalosa, eccessiva, quella raccontata in note da Shostakovich nel 1934 a partire da un romanzo breve pubblicato da Nikolaj Semënovič Leskov nel 1865. Una vicenda senza personaggi positivi, nella quale la protagonista imbocca la strada dell’adulterio più per noia che per desiderio e colleziona tre omicidi e un suicidio, tutti a vista, sospinta da un implacabile impulso autodistruttivo. Nell’allestimento proposto dal San Carlo, che proviene dal Dutch National Opera & Ballet di Amsterdam, la materia già scabrosa viene sottoposta a un processo di estremizzazione, nel quale le asperità risultano accentuate allo scopo di far brillare la rovinosa e inesorabile potenza delle pulsioni. Il regista Martin Kušej gioca al rialzo, ma con intelligenza e mai gratuitamente. Nel secondo quadro, ad esempio, la cuoca Aksin’ja, che nel libretto è infastidita – sia pur pesantemente – dai servi, diventa oggetto di un vero e proprio stupro di gruppo, inscenato senza sconti e senza edulcorazioni. Non diversamente, la scoperta del cadavere di Boris nel sesto quadro diventa una macabra e raccapricciante esumazione.

Al forte impatto visivo dello spettacolo contribuiscono le bellissime scene di Martin Zehetgruber. Tutta l’azione è racchiusa entro pareti scure e anonime, costruite con pannelli di legno come all’interno di un enorme fienile. Geniale è l’intuizione della gabbia-vetrina mostrata all’apertura del sipario e più volte ripresentata nel corso dell’azione; entro quel recinto trasparente, punteggiato dai simboli di un lusso che non appaga (l’interminabile serie di scarpe alla moda), Katerina è una prigioniera infelice, ridotta a oggetto esibito e privo di dignità.
Tra i momenti più intensi e riusciti della rappresentazione, vanno annoverate la scena del congiungimento carnale di Katerina e Sergej, nella quale l’intrecciarsi concitato dei corpi è scandito dalla spietata intermittenza delle luci, e quella dell’incubo, popolata di inquietanti presenze spettrali che materializzano i turbamenti della coscienza.



La bacchetta di Valčuha scolpisce e cesella

La durezza della fabula trova perfetta corrispondenza nella violenza della partitura. Shostakovich traduce in suoni la rabbia e l’eccitazione, lo scherno e la furia omicida, scovando in orchestra timbri taglienti o insinuanti, spessori prepotenti o brevi risonanze metalliche. La tavolozza degli effetti e delle sonorità è governata magistralmente da Juraj Valčuha, sempre rigoroso, sicuro, lucidissimo. La compagine sancarliana sfodera colori smaglianti, ora costruendo muri compatti, ora sfrangiandosi in trame sottili. Il risultato è un flusso cangiante ma allo stesso tempo coerente, nel quale la varietà delle vibrazioni restituisce la complessità degli umori e delle passioni.

Il cast, composto da stimati specialisti, si fa apprezzare sia sotto il profilo vocale, sia sul piano della recitazione. Natalia Kreslina rende con sapienza la sensualità della protagonista e ne sostiene con bravura il ruolo faticoso e impegnativo. La prepotenza di Boris trova un interprete ideale in Dmitry Ulianov, mentre Ludovit Ludha conferisce al personaggio di Zinovi un appropriato carattere farsesco. Assai brava Carole Wilson nei panni della maltrattatissima Aksin’ja.
Il pubblico, “sequestrato” in sala per quasi due ore nell’interminabile primo blocco (comprendente i primi due atti e la parte iniziale del terzo), non diserta il resto dello spettacolo e saluta interpreti e direttore con una cascata di meritatissimi applausi.


Spettacolo: "Lady Macbeth del distretto di Mtsensk"
Visto al Teatro San Carlo di Napoli.