L’allegro Franchino è definito dagli autori uno spettacolo di satira, dalle note di regia i due fratelli Morini, si domandano se c’è ancora bisogno di satira in questa Italia che compie proprio in questo anno i suoi 150 anni di unità. Vedendo lo show non ci si trova di fronte al genere teatrale che storicamente e culturalmente ha caratterizzato il nostro paese. La satira per somma definizione risponde ad un'esigenza dello spirito umano: “È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene”. E’ caratterizzata dall’attenzione critica alla politica e alla società, atta a mostrarne le contraddizioni e a promuovere nello spettatore il cambiamento. Si occupa da sempre di temi rilevanti, principalmente la politica, la religione, il sesso e la morte, e su questi propone punti di vista alternativi, e attraverso la risata veicola delle piccole verità, semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi e mette in discussione le convinzioni. Allora nel vedere lo spettacolo ci sfugge il senso ultimo dello stesso. Il qualunquismo italiota, tanto inneggiato, è presentato in maniera agnostica senza una reale critica, una vera presa di posizione nei confronti di questo o quel comportamento. Ci invitano ad abbandonare il nostro paese, ci ripetono che non cambierà la situazione e che è destinata solo a peggiorare e ci mostrano una nuova generazione che sembra essere il peggior prodotto della situazione italiana degli ultimi 15 anni. Ma nel loro piccolo non ci svelano piccole verità che già non conoscevamo, non seminano dubbi in noi, non ci spronano a migliorare, non ci aiutano a mettere in discussione le nostre convinzioni, non attaccano i luoghi comuni sfatandoli ma anzi a tratti rafforzandone la diffusione e la radicalizzazione. Rimaniamo amareggiati da uno spettacolo che avremmo voluto di satira politica così come lo annunciavano, di risate, di prese in giro alla nostra classe dirigente, di vera ironia, quella che in Italia non esiste più perché scomoda al regime dell’intrattenimento tanto caro alla classe dirigente. In tutto questo gli attori che fanno da spalle ai fratelli Morini, assoluti protagonisti dello show, si rivelano poliedrici recitano, cantano e ballano dando il meglio di loro, meritevole di nota il monologo sugli anni ’80 recitato da Guglielmo Bartoli.