La recensione sarà molto breve.
Questo perché il Maestro Arrabal era presente in sala ed ho deciso di affidarmi allo sguardo di chi, questo spettacolo, l'ha scritto.
Gli attori hanno il qualcosa per dare al testo la spinta di cui ha bisogno.
E' un testo "panico", figlio di una corrente indefinibile per volontà degli stessi ideatori. L'obiettivo è lasciare qualcosa all'interno di chi vede, un qualcosa che va oltre ad una dizione corretta, ad un corretto movimento, ad un corretto uso dello spazio scenico e delle luci.
Arrabal, salito sul palco, era commosso, emozionato, scosso. Si vedeva nei suoi occhi l'univoco impresso nella sequenza di parole e gesti che è "L'architetto e l'imperatore d'Assiria".
Qui il teatro è un effimero che sfida con forza ciò che è eterno.
Un qualcosa di inesprimibile, ma che vale la pena di osservare.