Un sipario, dietro il sipario. E in scena Vittorio Viviani e la straordinaria Ottavia Piccolo. Così prende il via, tra una battuta e l’altra, la rappresentazione teatrale de “L'Arte_Del_Dubbio”, tratta dal fortunato testo di Gianrico Carofiglio.
Poco dopo, al centro della rappresentazione, plasticamente, si farà largo un concetto: LA VERITÀ. Tutta maiuscola, per carità. Senza aggiungere né togliere nulla però, basta riordinare idee e lettere con un po’ di arguzia e un piccolo anagramma ci consentirà di osservare la parola: RIVELATA. La verità è tale a seguito di una scoperta. Di più, diventa tale a seguito di una scoperta.
E se questa indagine, questo processo di rivelazione, non avesse mai luogo? Ancora un gioco di parole, ancora una volta, le stesse lettere: RELATIVA. Così, in breve, soltanto rimettendo insieme in modo diverso il frutto dei nostri pensieri, da un’immagine forte come quella della verità siamo passati a un vocabolo completamente diverso: RELATIVA. Relativa, perciò fonte di angoscia, di dubbio.
Il dubbio. Ecco il filo conduttore che ci guiderà nella narrazione di diversi episodi: ora comici, ora vibranti, ora struggenti. Musica in sala, mai banale, ad accompagnare: discreta, ma non scontata. Come sfondo, una scenografia dinamica. Si potrebbe dire, anch’essa relativa: capace cioè, grazie ad una messa in scena curata fin nei dettagli, di adattarsi allo stile e al ritmo della narrazione.
Un decalogo ci fa da pro memoria, per questa ora e mezza. Le dieci regole del dubbio: come suscitarlo, come individuarlo, come comprenderlo. L’incertezza, in fondo, si nutre di parole, è costituita dalle parole stesse. Affrontare senza timori la fragilità, l’inevitabile ansia causata dal dubitare, significa quindi non aver paura di ragionare sul ragionamento, di parlare di parole.
Le parole possono essere ambigue, menzognere.
Le parole possono mutarsi in arnesi da scasso, per forzare la cassaforte della trasparenza.
Le parole, private di ogni umanità, possono purtroppo arrivare anche a ferire, a uccidere.
Le parole, in fondo, sono tutto ciò che abbiamo.