
Non sono tendenzialmente molto portata a ridere e quando mi succede a teatro - non spesso - significa che la pièce ha sicuramente caratteri di comicità molto accentuati e ben congegnati. Ebbene assistendo a L’astice al veleno, nuova commedia scritta diretta e interpretata da Vincenzo Salemme (Bacoli, 1957), ho più sorriso che riso non perché manchino spunti validi, anzi.
Lodevole lo scopo che Salemme si prefigge di popolare i teatri creando un’arte per tutti e non gli mancano certo i numeri - quali verve, intelligente capacità di ironizzare su se stesso e sugli altri - per riuscirci.
Barbara - attrice ingannata da un superficiale regista abilissimo nel raccontare fandonie con le gambe corte per tenere in piedi la relazione clandestina che vive con lei solo nelle ore di teatro - medita una raffinata vendetta ricorrendo a una cena della vigilia di Natale del tutto particolare con un protagonista d’eccezione: un astice che non ha nessuna intenzione di diventare cibo per gli umani.
La solitudine silenziosa della sua vita è interrotta da una strana compagnia, quella di quattro statue del teatro che si animano dialogando con lei: veramente gradevole, simpatica e originale questa trovata che vede un ‘munaciello’ (figura tipica dell’iconografia popolare napoletana) dal linguaggio un po’ rustico, una ‘lavandaia’ del Cinquecento, uno ‘scugnizzo’ di Gemito e un ‘poeta’ rivoluzionario del Regno delle Due Sicilie fare vivere il mondo fantastico di Barbara.
Una trama che volge sempre più al surreale con l’arrivo di un ‘pony express’ Gustavo, impersonato dal poliedrico Salemme, che tante risate ha strappato al pubblico soddisfatto di questa particolare Vigilia di Natale in cui generalmente chi è triste non vede altro che dilatarsi i propri dolori arrivando anche a decisioni drammatiche.
Piacevoli le musiche - una decina di pezzi inediti cantati dai personaggi - che rendono gradevole lo spettacolo.