Togliamo il dente e parliamo subito dell'autore. Daniel Pennac.
Lo sceneggiatore scompare dietro la sua opera, lasciando tuttavia palese la propria impronta.
Il testo è rapido, scorrevole, senza particolari licenze poetiche. È un testo ancorato al momento in cui viene espresso: i cambi di registro son coordinati ai cambi di scena. Come un orologio.
La pulizia che genera sporco, disastri ambientali e morte. Un testo ironico che crolla nel grottesco in maniera elegante, il 6° continente del titolo è infatti un'enorme grumo di spazzatura in mezzo all'oceano Pacifico, grande il triplo la Francia.
Una domanda rimane sospesa, nel tirare le somme dello spettacolo: l'intenzione era provocare indignazione, lasciando un senso di colpa diffusa su tutti, o mostrare ironicamente che l'igiene su cui si fonda la società moderna è causa di uno dei più atroci disastri ambientali della storia? Conoscendo i precedenti dell'autore mi verrebbe da rispondere “Ironia”. Ma la questione nasce da un disequilibrio che si presenta alla fine, amara e grottesca. Non è chiara la direzione del disprezzo dell'autore, se verso il pubblico che, indirettamente, contribuisce all'aumento esponenziale del 6° continente o verso i materiali esecutori del disastro.
Lasciando aperta l'interpretazione del senso, che mi sia permesso un plauso alla regia.
La poca scenografia che Lilo Baur maneggia sapientemente nei cambi scena è usata con tale maestria, nel rendere ambienti tanto diversi con l'uso di pannelli e luci (a cura di Philippe Vialatte), da lasciare a bocca aperta. Trasformismo assoluto della scena, si potrebbe definire.
Un movimento. Due, quando non ne si poteva realmente fare a meno. Nessun buio, se non nei casi in cui una scena si svolgesse, appunto, al buio. Gli attori che fanno i servi di scena mentre recitano; due sedie, un tavolo, 4 pannelli e qualche carrello creano decine di scenari: da una fabbrica ad una miniera, passando per una discoteca; dall'interno di un aereo ai fondali marini.
Infine gli attori: un cast plurilingue che interviene prepotentemente nel testo con l'uso, misurato, delle varie lingue parlate da ognuno di loro. Un fattore importante quello della lingua, soprattutto per la scelta che della stessa viene fatta. Pennac, osservando le improvvisazioni degli attori, ne ha colto di ognuno le origini e le ha finemente intarsiate nel testo. Ha strutturato personaggi su ognuno di loro in maniera organica, fluida; una ricerca volta a far risaltare gli aspetti caratteristici di ogni attore.
Appunto buffo: è sempre affascinante ascoltare un francese parlare inglese. Quasi quanto ascoltare un italiano fare lo stesso.
Prosa
LE 6° CONTINENT (IL SESTO CONTINENTE)
L'Uroboro dell'Immondizia
Visto il
15-11-2012
al
Carignano
di Torino
(TO)