Jennifer (Geppy Gleijeses) è un travestito attempato che vive in un ghetto del napoletano. Da quando entra in casa, accompagnato solamente da un mazzo di cinque rose rosse, non ne esce più per mesi in attesa della telefonata di Franco, un ingegnere con il quale ha scambiato promesse d’amore. Unica compagnia la radio, che manda canzoni intervallate da notiziari sui travestiti uccisi da un serial killer del quale ancora non si conosce l’identità e le telefonate che si susseguono a causa di un problema alla linea telefonica, chiamate destinate ad altri travestiti del quartiere. Questo mantra scandisce le ore di Jennifer e lei lo accompagna con la sua voce sulle note di Patty Pravo e Mina, cantando le canzoni per alleggerire il peso dell’assenza.
A rompere l’equilibrio della solitudine ci penserà Anna (Lorenzo Gleijeses), un altro travestito che chiede a Jennifer di poter attendere da lei una telefonata importante. Studiandosi dapprima con circospetto, Jennifer e Anna arriveranno a raccontarsi. Purtroppo non servirà a colmare la solitudine che ormai lei ha divorate, esigendo un pegno disperato e tragico.
La drammaturgia attuale di Annibale Ruccello
Opera intramontabile del drammaturgo partenopeo, “Le cinque rose di Jennifer” anticipa quello che è poi il filone seguito dall’autore: dall’omosessualità alla solitudine che degenera in follia. Le vite di Ruccello sono vite vissute ai margini, ghettizzate e condannate all’isolamento emotivo. Ed anche se ci sono incontri che sembrano lenire il dolore (nel caso di Jennifer l’incontro con Anna) si conferma solamente l’impossibilità di comunicare e riempire un vuoto che in nessun modo sembra avere redenzione. Foriero di verità negli anni 80 (anni in cui fu rappresentata l’opera) come oggi.
L’interpretazione toccante della famiglia Gleijeses
L’opera ruccelliana viene rispettata con sensibilità e cura. La scelta registica di continuare a rappresentare ‘Le cinque rose di Jennifer’ è vincente. Merito va ai due eccezionali interpreti. Geppy è abilissimo nel rendere il personaggio di Jennifer ricco di quelle sfumature a tratti ingenue, a tratti disperate ma soprattutto, a vestirlo di una solitudine che entra nelle ossa degli spettatori per quasi tutta la durata dello spettacolo. Il riso che naturalmente suscita il testo non fa che aumentare l’intensità drammatica nel finale. Il ruolo di Anna è sostenuto ottimamente dal figlio Lorenzo, inferiore al padre solo per anni di esperienza ma che dimostra di avere le stesse possibilità di lunga e brillante carriera. Interpretazioni che arrivano come pugno nello stomaco, togliendo la voce e lasciando l’energia solamente per un lungo e sentito applauso.