La farsa giocosa in due atti Le convenienze e inconvenienze teatrali venne scritta da Gaetano Donizetti nel 1827 e più volte rimaneggiata, adattandola alle varie esigenze dei teatri, del pubblico e dei cantanti. Arriva oggi al Teatro dell’Opera di Firenze in un nuovo allestimento in collaborazione con il Conservatorio di Musica Luigi Cherubini, un allestimento molto giovane e divertente affidato alla mano del regista Franco Torrigiani che, attualizzando o come dice lo stesso nelle sue note registiche “svecchiando drasticamente” il testo, sposta la vicenda agli anni Settanta del secolo scorso in un teatrino scalcinato della provincia italiana. D’altra parte lo stesso libretto parla del teatro del sobborgo fiorentino di Brozzi, certamente non un grande e famoso teatro. L’epoca in cui viene ambientata è quella del declino di un’era, potremmo dire il declino dei teatri di provincia e delle compagnie vagabonde. Torrigiani si ispira molto alla visione felliniana di questo affresco di mondo chiuso espresso dal film Prova d’orchestra. I personaggi vengono ben caratterizzati, anche se la fa da padrona della scena mamma Agata, uno dei pochi casi di personaggio en travesti al contrario (uomo in parte femminile). Torrigiani abbozza personaggi dalla realtà giornalistica e quotidiana, persone vere che sul palcoscenico danno vita al teatro nel teatro durante le immaginarie prove di un dramma metastasiano. Non sempre il regista riesce a cogliere l’effetto burlesco del libretto ma la figura di mamma Agata, impersonata dal baritono Filippo Morace, riesce a galvanizzare il pubblico in esilaranti battute napoletane e guizzi da prima donna. La scena di Gabriele Vanzini presenta nel primo atto un palcoscenico visto dal suo interno che il regista immagina come una gabbia per i personaggi che, anche se vogliono, non possono uscire; nel secondo atto lo stesso palcoscenico è visto dalla parte del pubblico. Lo spettacolo piace, è fluido e la comicità, molto pacata, è di facile impatto. Poi la scelta di riproporre l’originale e alquanto fiorita parlata partenopea di mamma Agata è parsa molto azzeccata e il suo aspetto, un misto tra Wanda Osiris e Moira Orfei, non poteva che renderla protagonista della serata.
Elegante la mano del maestro Paolo Ponziano Ciardi che ha saputo cogliere le sfumature della partitura, anche se è mancato di quella dinamicità che avrebbe reso meglio l’agilità della musica donizettiana. Buona la tenuta dei giovani elementi dell’Orchestra Luigi Cherubini e molto efficace l’attenzione alle esigenze del palcoscenico.
I giovani cantanti hanno dimostrato un buon talento e una buona preparazione, nonché una omogeneità nel positivo lavoro di approfondimento musicale e canoro della partitura. Come detto sopra, si è distinto Filippo Morace nella sua irresistibile Mamma Agata dimostrandosi un cantante-attore completo, con una inventiva naturale e spigliata: le invenzioni e gli artifici stilistici risentono delle sue capacità istrionica ed esperienza scenica; musicalmente e vocalmente ineccepibile, ottimo il suo napoletano verace. Si è distinta anche Eleonora Bellocci nel ruolo di Daria, la prima donna: presenta una voce molto piacevole, corretta nelle agilità e negli acuti, disinvolta e divertente. William Hernandez in Procolo possiede una bella voce, non molto estesa ma assai corretta e ben usata, emissione facile e un canto pulito, riesce a muoversi con destrezza nel personaggio. Dioklea Hoxha nella seconda donna Luigia, appare un po’ troppo sottomessa alla vulcanica madre, canto equilibrato e appropriato. Cecilia Bagatin è il musico (castrato) Pipetto. Francisco Javier Ariza è un Guglielmo disinvolto ma poco credibile come tedesco. Dielli Hoxha è il compositore Biscroma, in ottima interpretazione scenica. Omar Cepparolli è il poeta Cesare, ha una voce molto bella e promettente. Francesco Samuele Venuti è l’impresario, anch’esso con una voce importante. Kyle Patrick Sullivan è il direttore di palcoscenico. Più che sufficiente la prova del Coro Luigi Cherubini di Firenze preparato dal maestro Francesco Rizzi.