Quasi un antro, la scena cupa e fosca, progettata da Paolo Petti, spalanca fauci spettrali nella notte in cui Benevento inaugura il suo Festival e il nuovo direttore artistico Enzo Moscato. Sulla scena, in un’atmosfera lugubre e metafisica, gli attori “a maschera” sono pensati, nell’evocativa messinscena di Moscato, come larve di una dimensione drammaturgica finita, immagini suggestive di una tradizione teatrale di cui si dichiara apertamente l’estinzione. L’omaggio a Carlo Goldoni, dunque, si rivela come una sorta di visionaria testmonianza dell’innovativa riforma teatrale del commediografo veneziano, segno indelebile dell’arte e della memoria sulla cicatrice storica che visibilmente solca, con la fibrosa plasticità del tempo, la carne profondamente guasta del teatro comico dei nostri giorni.
L’intenzione di creare sulla scena uno spazio simbolico in grado di avvolgere attori e spettatori come fossero parte integrante di un’unica metafisica installazione artistica funzionale ad accogliere l’opera-liturgia quale surreale e tantrica celebrazione rituale ha, probabilmente, indotto Enzo Moscato a scegliere ed adattare per l’occasione un testo decisamente esangue e poco conosciuto del repertorio goldoniano, un testo che non imponesse al drammaturgo napoletano vincoli eccessivi relativamente all’accostamento tra la forza archetipica dell’originale e la riscrittura/reinvenzione per una consimile messinscena.
Così il genio creativo di Enzo Moscato, liberandosi d’ogni ingombrante urgenza del modello, riesce a tradurre brillantemente in termini poetici e registici stimoli e presupposti artisticidi grande fascino, realizzandosi in una messinscena la cui unica fragilità, certamente emendabile nel tempo, sembra risiedere nella presenza di interpreti dalle qualità molto disomogenee che, eccezion fatta per una superlativa Lalla Esposito ed un’apprezzabile Cristina Donadio, tradiscono l’eterea metateatralità dell’esperimento scenico con interpretazioni talora poco incisive e sostanzialmente accademiche.
Infine, bisogna esprimere una particolare menzione di merito per i costumi disegnati da Tata Barbalato, concepiti in modo da restituirci la complessa ed immaginifica visionarietà di Moscato conservando intatta la traccia stilistica del costume settecentesco.
Benevento, Teatro Comunale, 31/08/2007
Visto il
al
Rossini
di San Giuliano Terme
(PI)