Il regime argentino di Jorge Rafael Videla, che oppresse il paese dal 1976 al 1981, è un tema delicato. Negli ultimi anni, accanto a capolavori cinematografici come “Garage Olimpo” di Marco Bechis, alcuni spettacoli hanno portato all’attenzione del pubblico la questione della feroce dittatura in Argentina, dittatura tragicamente famosa per i desaparecidos. Il regista Manuel Ferreira, originario di Buenos Aires, attivo sul territorio milanese con la sua compagnia Alma Rosé, ha toccato il tema in varie occasioni durante spettacoli e conferenze. Lo scorso anno, la compagnia pressappoco ha portato in scena a Milano tre testi di Teatro Abierto, il teatro di opposizione al regime, mostrando come l’arte e il teatro tentassero di aggirare la censura agendo nella clandestinità. È invece del 2006 “Le figurine mancanti del 1978”, di Teatro Forsennato, gruppo nato nel 2004 e guidato da Dario Aggioli, regista e attore, che porta avanti un lavoro sull’improvvisazione e sulla visione del pubblico come parte attiva e integrante dello spettacolo.
Debuttato alla quinta edizione di Ubu Settete, “Le figurine mancanti del 1978” racconta il dramma del regime, dell'oppressione e dei desaparecidos da due punti di vista differenti. Da una parte un bambino italiano (Aggioli) che segue i mondiali in Argentina alla tv (“ma a colori”), preoccupato solo di ricostruire le vicende sportive e personali dei grandi protagonisti dei campi da gioco. Un bimbo che non vede quello che sta succedendo sullo sfondo, a livello politico, che riesce a giocare e a divertirsi, incurante - come comprensibile - della condizione dei suoi coetanei dall'altra parte del mondo ("bambini del terzo mondo"). Dall’altra parte, un bambino argentino (Angelo Tantillo) che vede sparire ogni giorno persone a lui care, che non capisce esattamente cosa stia accadendo intorno a lui e che non può giocare. Un ragazzino che potrebbe andare a vedere le partite direttamente allo stadio. Un bambino la cui famiglia viene drammaticamente colpita dal regime che fa sparire il fratello.
Il pubblico viene coinvolto, diventa ora parte del corteo delle Madres di Plaza de Mayo (le madri che da trent’anni rivendicano la scomparsa dei loro figli, oppositori del regime o semplici sospettati, che sono stati arrestati, reclusi illegalmente e, nella maggior parte dei casi, torturati e uccisi), ora pubblico di una partita o di una cronaca calcistica. Gli spettatori danno avvio allo spettacolo stesso, consegnando ad Aggioli le figurine dell'album del calciatori che sta completando.
Lo spettacolo - anche se a tratti un po’ ingenuo e confusionario - è divertente e godibile, oltre ad avere il grande merito di portare all’attenzione del pubblico italiano tematiche scomode e poco conosciute. Parlare di dittatura, metodi repressivi e tortura è difficile e non sempre risulta adeguata al scelta di usare dei personaggi-bambini – che rischiano di diventare macchietta ripetitiva e di usare un linguaggio non credibile, ma “Le figurine mancanti del 1978” è uno spettacolo sincero, dialogico, che può crescere notevolmente.
Vanno fatti i complimenti anche allo spazio Mohole, che ha ospitato lo spettacolo la scorsa settimana: un piccolo spazio-laboratorio che porta a Milano la drammaturgia contemporanea e da visibilità ad artisti giovani.