LE FIGURINE MANCANTI DEL 78

Le figurine mancanti del 78 è…

Le figurine mancanti del 78 è…
Le figurine mancanti del 78 è uno degli spettacoli più riusciti degli ultimi anni (ha debuttato nel 2006), e si distingue nel panorama del teatro contemporaneo italiano a tutti i livelli, imponendosi per i risultati ottenuti. Il percorso di ricerca parte dall'istanza di un teatro totale che coinvolge il pubblico attivamente nella performance, infrangendo la barriera tra palco e platea (all'inizio dello spettacolo il pubblico è invitato a consegnare delle figurine a uno dei due protagonisti, salendo direttamente sul palco). Un percorso di ricerca che fa ricorso all'improvvisazione non estemporanea, calibrata e commisurata al racconto che lo spettacolo sviluppa, ma che non impone agli attori un testo che, diventato letteratura, è immodificabile. L'improvvisazione non è mai gioco fine a se stesso, amore del teatro per il teatro, ma ha l'urgenza di farsi informazione, arrivando a colpire lo spettatore, a farlo indignare, senza inciampare in un retorico registro drammatico ma anzi giocando su un registro ludico-sportivo, rendendolo testimone di uno dei tanti scempi della storia contemporanea: la repressione argentina del generale Vidala e accoliti, che uccisero, negli anni della loro dittatura, 30 mila cittadini argentini, uomini e donne, di ogni età e stato sociale, passati alla storia come desaparecidos (quelli fatti scomparire). Lo spettacolo parte dai mondiali di calcio del 78, vera passione di uno dei due infantili protagonisti della Pièce (interpretato da Dario Aggioli, autore, attore e direttore della compagnia produttrice, il Teatro Forsennato) che si propone di spiegarci il campionato, le partite, i giocatori, le strategie di gioco. Gli si contrappone un ragazzino capriccioso (interpretato da Angelo Tantillo, una vera machine à jouer) che racconta altri fatti salienti di quel 78 per sminuire i racconti calcistici sui quali non è altrettanto ferrato. Così ricorda fatti accaduti in Italia (l'addio definitivo di Mina alla tv, ma anche il rapimento, e la morte, di Moro) fino a quelli accaduti in Argentina. Un gioco tra due ragazzini, tra due testardaggini diverse. Ma il racconto si fa sempre meno frivolo, nonostante il tono rimanga leggero, arrivando al resoconto del golpe, del regime di terrore, dei sequestri di stato, alle persone ufficialmente scomparse, dei voli della morte (desaparecidos lanciati vivi dagli aeroplani). Persone torturate, stuprate, private dei figli appena partoriti, non restituiti alle famiglie, adottate da quelle degli aguzzini invece, mentre il mondo rimaneva indifferente. Tutti sapevano, non solo gli Stati Uniti che sostenevano quel regime (come un personaggio spiega all'altro, sul tabellone del Risiko...) ma anche l'Unione Sovietica e l'Europa (mentre il Vaticano chiuse le chiese negando diritto di asilo...), eppure tutti parteciparono lo stesso ai mondiali di calcio, legittimando di fatto quel regime... Intanto l'altro personaggio, sempre più imbarazzato e rendendosi conto della sproporzione fra quel racconto e il suo, continua nel suo resoconto calcistico, che funge così anche da distanziamento emotivo dagli orrori subiti dai 30 mila desaparecidos. Per quanto il racconto della repressione di regime si faccia sempre più terribile infatti i due personaggi si competono la scena in un crescendo parossistico sostenuto da una performance viva dei due attori, sul palco e in platea. Angelo Tantillo resta per metà dello spettacolo da dove il suo personaggio si rivolge direttamente allo spettatore sedendosi sule poltrone vuote (e non) mentre, con l'ignavia da ragazzino, racconta dei desaparecidos, tra i quali figura anche suo fratello maggiore, arrivando a far indossare a ogni presente i pannolini simbolo della protesta delle donne dei desaparecidos, madri, mogli, ma anche nonne. Un racconto che raggiunge il climax nell'elenco del tipo di torture inflitte, mentre il resoconto dei mondiali raggiunge la finale tra Argentina e Perù. A questo punto avviene tra i due ragazzini uno scavalcamento di campo: mentre il ragazzino che ha raccontato le atrocità del regime segue la partita col padre (la madre piange da sola in cucina) il patito di calcio esprime i commenti dell'ex allenatore della nazionale Argentina, dimessosi sei mesi prima, ufficialmente per anzianità (ho trentanni... so' vecchio) in realtà per protesta contro il governo. I due racconti procedono sempre più serratamente sino a sovrapporsi. Sulla coppa vinta dall'Argentina in una partita dai risultato dubbio si chiude lo spettacolo, perfetto, non solo dal punto di vista dell'esecuzione ma anche da quello dei contenuti in un connubio indimenticabile con la forma. L'approccio ludico non ingigantisce solo gli orrori del regime, quella leggerezza tenera e divertita dell'infanzia è anche una metafora per il disimpegno, l'indifferenza, la cecità dell'occidente e del mondo intero, costituisce non solo un'imprescindibile momento di memoria storica, ma ergendosi anche come monito per altri orrori commessi nel mondo dietro l'indifferenza generale. Le figurine mancanti del 78 non fa storia infatti ma parla ai cittadini di oggi, chiedendo loro di schierarsi e non rimanere ignavi (un po' come fa Pasolini col Riccetto nella famosa Sequenza del fiore di carta). L'impiego di semplici elementi scenici, dai costumi, tutti sui toni bianchi e neri, bandiera dell'Argentina compresa, per Angelo (il cui personaggio guarda la partita col televisore in bianco e nero) e dalle forti dominati cromatiche per il personaggio di Dario che, invece, vede le partite a colori grazie al televisore nuovo regalatogli dal nonno; l'uso perfetto delle luci (come quella sagomata che illumina il tabellone del Risiko), le invenzioni sceniche (il balletto-moscacieca che diventa pantomima delle torture), l'impiego di alcuni oggetti che assumono via via diverse funzioni (in un gioco polisemantico squisitamente teatrale) come il vaso usato per le torture, come contenitore dei pannolini e, alla fine, come coppa vinta dall'Argentina, contribuiscono tutti a sviluppare con l'elegante leggerezza il racconto delle atrocità di Vidala. Una leggerezza tutt'altro che frivola ovviamente, che sarebbe piaciuta a Italo Calvino. Il vero rispetto non è quello borghese del cordoglio, infatti, ma quello intelligente e partecipativo di chi racconta perchè sa e vuole che anche gli altri sappiano e che nessuno dimentichi. Le figurine mancanti del 78 dovrebbe essere visto da tutti, specialmente in un periodo di tentazioni revisioniste come quello contemporaneo, andando in scena magari nelle scuole come esempio tra i più alti di teatro civile e della memoria. Il Teatro Forsennato è una compagnia da seguire e da sostenere con una presenza copiosa in platea, in un reciproco conoscersi, riconoscersi e ritrovarsi, tra pubblico e attori, tra cittadini diversamente impegnati, squisitamente politico. Un inizio splendido per la rassegna Mutamenti del teatro Arvalia che Le figurine mancanti del 1978 ha aperto, assieme allo spettacolo di Marco Andreoli. Roma, Teatro Arvalia 17 aprile 2009
Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)