La Pièce è parte integrante di un progetto dedicato alle attuali tematiche legate al lavoro. Spaccato di vita romana. In una capitale fredda e nebbiosa le vite di quattro quattro giovani : si confrontano, si intrecciano… si perdono. La ragazza si chiama Ciranda, detta Cira, lavora in nero tirando avanti come donna di fatica e coltivando, nel suo cuore, il sogno di un futuro da parrucchiera qualificata. Operai in cantiere, - lavorano a turni di dodici ore al giorno, - invece William e Stefan . Il primo, di umilissimi natali, deve il suo nome , quanto mai improbabile e fuori luogo, alle manie di grandezza della madre; il secondo è un ragazzo rumeno emigrato e rimasto a Roma. C’è infine un quarto personaggio: virtuale, benché sempre presente: si tratta di Valeria, ex amica e collega di Ciranda, ha deciso di mollare tutto per esibirsi in discoteca come cubista. Ogni tanto farà capolino, attraverso le telefonate e i racconti della ragazza.
Esperienze di vita al limite della legalità trattate tra i toni della fiction e il dramma da dopo- lavoro operaio.La regia giovane e ed energica di Luca de Bei ha il pregio di esaltare l’immediatezza dei dialoghi, facendo risaltare, l’ottimo ensemble di interpreti. Dal testo e dalla messa in scena emerge un fascino da teatro naturalistico ( benché, non del tutto scevro da lievi accenti didascalici).
Non esistono piccole parti ma solo piccoli attori.
L’ottima prova di recitazione di Alessandro Casula conferma, una volta di più, la storica massima di Stanislasvskij . Poche battute e apparizioni in scena sono bastate per costruire il profilo di un personaggio esule. Costretto a condurre una vita faticosa: sia in cantiere che fuori. L’assenza totale di diritti e l’ignoranza della lingua ne fanno un parìa. Sarebbe bastato davvero poco per sciupare la semplicità di un personaggio così complesso e farne l’ennesima caricatura sopra le righe, invece…
Notevole anche l’interpretazione di Federica Bern nel ruolo di Ciranda: Briosa e divertita nei toni da commedia passa - senza forzature, nelle note conclusive del dramma - ad un crollo silenzioso, carico di muta rabbia intenso e davvero sentito .Da rilevare qualche riserva, sul personaggio di William. Federico Bocci adotta un piglio scanzonato e allegro, (in pieno contrasto con la tragica fine imminente) ma a tratti esagera e rischia di trasformare la carica vitale dell giovane “principe di borgata” in un personaggio populista e sin troppo stereotipato.
Ottima messa in scena. Lo spazio ideato da Francesco Ghisu risulta polivalente, arricchito da una illuminotecnica adeguata allo slancio evocativo, a cura di Alessadro Carletti.