Tornare a casa senza un soldo in tasca. Le disavventure del misero Pasquale

Tornare a casa senza un soldo in tasca. Le disavventure del misero Pasquale

Prima di conquistare Parigi con i travolgenti successi de La vestale (1807) e del Fernand Cortez (1809), il giovane Gaspare Spontini aveva battuto tutti i maggiori centri musicali italiani, da Napoli a Venezia. Della quindicina di lavori scritti pochi tuttavia – le dita d'una mano - ci erano sinora pervenuti, nonostante che il compositore li avesse conservati gelosamente, rilegati in eleganti brochures, sino alla morte.

Dopo, la dispersione per vie ereditarie. I rimanenti stanno tuttavia pian piano riemergendo, il che fa ben sperare. Il primo, La fuga in maschera, acquistato dal Comune di Maiolati anni fa presso un antiquario inglese. Altri quattro, recentemente riscoperti in un avito castello belga: la cantata L'eccelsa gara, le opere buffe Il quadro parlante ed Il geloso e l'audace, la farsa Le metamorfosi di Pasquale. Quest'ultima, su libretto di Vincenzo Foppa – quello stesso degli esordi rossiniani - data per poche serate al Teatro San Moisé di Venezia nel gennaio 1802. E' la storia di Pasquale, tornato dopo lungo vagabondare misero ed affamato al suo paese, dove cade vittima d'una burla crudele orchestrata dalla cameriera Lisetta, da lui abbandonata prima delle nozze.

Ritorna in scena una farsa ritenuta perduta

Le metamorfosi riprende vita dopo oltre due secoli di oblio, ancora a Venezia però nel piccolo Malibran: un'operazione coprodotta dalla Fenice e dalla Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi. Regia posta nelle mani di Bepi Morassi, il quale con felice invenzione – i caratteri ne escono esaltatati – la trasporta in un café-chantant della Napoli di primo '900, iniettandovi le giuste dosi di sapida ironia e di verve recitativa. Proprio come in una farsa di Scarpetta. L'apparato scenico, ben costruito, esce dall'Atelier Malibran 2018, laboratorio teatrale in collaborazione tra Fenice e la Scuola di Scenografia dell'Accademia delle Belle Arti. Autori di scene e costumi, Piero De Francesco ed Elena Utenti.

Intreccio brillante, musica frizzante

L'edizione critica è curata da Federico Agostinelli, che ha integrato alcune battute mancanti nel Finale, suggerendo l'impiego della sinfonia de La fuga in maschera; un brano più volte riutilizzato proprio da Spontini. La partitura, in cui spicca la frizzante parte di Lisetta, dimostra il saldo mestiere raggiunto dal giovane compositore. Ampia fantasia melodica e matura sapienza strumentale – vedi le evoluzioni del fagotto nell'aria Signori galanti – sono profuse a piene mani: un lascito riportato in vita con amorevole cura e scioltezza esecutiva da Gianluca Capuano, a capo dell'Orchestra de La Fenice. In scena due baritoni, entrambi ben timbrati: per la parte del titolo il brillante Andrea Patuccelli, e quale Frontino lo spigliato Carlo Checchi; due tenori per il Marchese ed il Cavaliere (Giorgio Misseri e Christian Collia); due soprani per i ruoli di Lisetta e Costanza (la brillante Irina Dubrovskaja e Michela Antenucci). E come barone, il basso Francesco Basso.