Prosa
LE REGOLE PER VIVERE

Fra convenzione e autenticità, le regole (da infrangere) per sopravvivere

Le regole per vivere
Le regole per vivere

Ne Le regole per vivere, dell’autrice e biologa britannica Sam Holcroft, la principale innovazione riguarda la scomposizione dei luoghi comuni ormai logori secondo una suggestiva modalità di lettura tratta dagli studi cognitivo- comportamentali.

Una regola sociale acclarata, indagata a fondo nella produzione scenica internazionale, prevede che i pranzi di famiglia in occasione delle festività – prima fra tutte il Natale- rappresentino un insidioso tranello per gli inevitabili rendez-vous innescati dalla prolungata vicinanza parentale.

Ne Le regole per vivere, dell’autrice e biologa britannica Sam Holcroft, la principale innovazione riguarda la scomposizione della congerie di tali luoghi comuni ormai logori secondo una suggestiva modalità di lettura tratta dagli studi cognitivo- comportamentali: il palcoscenico assume le vesti di un ambiente-laboratorio di osservazione privilegiato per un pubblico cui sono proposte semplici chiavi di decodifica della drammaturgia. La rivisitazione delle didascalie usate un tempo con intento straniante produce una piacevole rilettura ironica delle azioni dei personaggi, fruibile per iscritto su un video wall posto al di sopra del palco e annunciata nel contempo da una voce fuori campo. Con la fluidità connaturata al genere comico, ci inoltriamo sul territorio proibito dell’autoconsapevolezza, protetta dalle irrinunciabili nevrosi.

L’illusione di saper vivere

Un minuzioso armamentario di complesse regole da osservare con disciplina da caserma è il sicuro rimedio opposto dall’anziana capofamiglia allo sfascio del nucleo familiare da lei tenuto in vita nonostante il palese fallimento personale di ciascuno dei componenti, nonché dei reciproci rapporti relazionali. Sin da subito l’inganno è svelato e ogni elemento della canonica scenografia natalizia - il tramezzo di un tinello in cui campeggia il tradizionale abete- tradisce l’ipocrisia strisciante che corrode il convivio.

La consorte si ostina a sostenere il ruolo della moglie ideale nonostante il tracollo di un matrimonio senza affetto e nel segno dell’infedeltà; i due figli fingono di non soffrire l’infelicità di un’esistenza in cui si sono sforzati di realizzare le aspirazioni genitoriali a scapito delle proprie, ripercorrendone gli errori in campo sentimentale: il disadattamento si estende infatti a coinvolgere le rispettive consorti, prescelte quali evanescenti simulacri di desideri inconfessabili.

Le regole dell’autenticità

Il gioco di specchi si moltiplica insostenibile, ma la misura è colma e le maschere sono sparite, cancellate dalle rabbiose rivendicazioni e dal sarcasmo rivelatore del reale sentire di ciascuno, in parallelo al moltiplicarsi di eloquenti (e talora buffe) stereotipie da parte dei personaggi. Per paradosso, la cruda descrizione della verità senza infingimenti, la totale assenza di freni inibitori appartiene solo al padre affetto da patologia neurologica, che si vuol proteggere con l’assurda messinscena dell’armonia familiare: sarà quindi la natura ambigua di un gioco di società, dietro lo schermo offerto dalle regole altrui, a far emergere l’essenza profonda di ciascuno, un’entropia liberatrice, il cui caos in apparenza disastroso condurrà infine ad un nuovo equilibrio fondato sulla ricerca di autenticità.

Inchiodati alla riproposizione di ruoli familiari molto esplorati, tutti gli interpreti del collaudato cast (Lisa Galantini, Alberto Giusta, Davide Lorino, Orietta Notari, Roberto Serpi, Mariella Speranza) guidato dal regista Antonio Zavatteri superano l’ardua sfida dell’originalità scevra da retorica. La sapida ironia che muove al riso colpisce nel segno senza appesantire e si giova in gran parte della puntuale competenza traduttiva di Fausto Paravidino.

Visto il 07-01-2020
al Verga di Catania (CT)