La pièce francese, Le retour au village appuntamento principale della ventesima edizione del Festival Duni, è stata presentata in prima esecuzione in tempi moderni al Teatro Comunale “Gerardo Guerrieri”.
La pièce francese, Le retour au village appuntamento principale della ventesima edizione del Festival Duni, è stata presentata in prima esecuzione in tempi moderni al Teatro Comunale “Gerardo Guerrieri”, recentemente riaperto dopo i lavori di restauro; l’allestimento fantasioso e la vèrve degli interpreti hanno assicurato diletto e divertimento.
Un maestro meridionale alla conquista di Parigi
Materano di nascita, Egidio Romualdo Duni (1708-1775) ebbe carriera internazionale. Dopo i consensi guadagnati in Italia, svolse la propria attività principalmente a Parigi, dove contribuì in misura determinante alle fortune dell’opéra-comique, lo spettacolo tipicamente francese che alterna recitazione e canto. Nell’anno in cui si fregia del titolo di Capitale Europea della Cultura, la città lucana ha deciso di onorare questo figlio illustre (e ancora troppo poco noto) mettendo in scena il suo primo esperimento di scrittura in linea con i codici della drammaturgia transalpina.
Creato con ogni probabilità per la corte di Parma, Le retour au village venne dato alle stampe tra il 1758 e il 1759. L’operina, che vede agire una coppia principale e due personaggi di contorno, si basa su una fabula assai semplice sospesa tra farsa e apologo morale.
Il coraggioso recupero ha comportato non poche difficoltà sia sul piano strettamente musicale, sia dal punto di vista registico. A superarle brillantemente hanno provveduto da una parte Lorenzo Mattei, che ha fornito un’accurata edizione critica della partitura, e dall’altra Ulderico Pesce, che ha ideato un’azione scenica briosa e stimolante. Lo sfondo neutro con impalcature praticabili è stato continuamente animato da suggestive proiezioni, utili a contestualizzare le diverse ambientazioni dell’azione: la campagna, sede della vita semplice e schietta di Ninette e Colas, e la corte, luogo dello sfarzo artificioso e vacuo. In più di un caso, inoltre, sono state utilizzate immagini storiche o riprese appositamente realizzate della città di Matera, così da rimarcare il legame con il territorio.
In omaggio al genere e all’originaria natura della composizione, l’allestimento ha impiegato con larghezza un drappello di mimi-danzatori in vivaci scene d’insieme che evocavano in forma stilizzata le attività campestri, la caccia e la vendemmia. Ciò ha accresciuto il dinamismo e la fluidità allo spettacolo, che si è dipanato nell’arco di un’ottantina di minuti senza alcun calo di tensione.
Ironia e sensualità
La musica di Duni è caratterizzata da una marcata eterogeneità stilistica che mescola tratti retrospettivi e guizzi acerbi, morfologie francesi e vocalità italiana. L’impegno vocale più oneroso tocca alla protagonista Ninette. A darle volto e voce è stata la bravissima Valeria La Grotta, non soltanto sicura, perfettamente intonata e raffinata nel fraseggio, ma anche estremamente incisiva nel gesto e nell’espressione. La padronanza tecnica e la disinvoltura scenica le hanno permesso di passare con felice facilità dalla tenerezza alla civetteria, dal dispetto alla sensualità, così da tratteggiare brillantemente il personaggio nella sua divertente ma imperfetta metamorfosi da contadina a gran dama.
L’ha affiancata con buona intesa Luca Simonetti, che con il suo energico istrionismo ha arricchito il profilo di Colas con una serie variopinta di riuscite caratterizzazioni. Completavano il cast Angelica Disanto nel ruolo en travesti del principe e Francesca Amoroso in quello della cortigiana Dorine.
L’orchestra e il coro del Festival Duni sono stati guidati con gusto e precisione da Sabino Manzo, che si è rivelato capace di valorizzare il mutevole respiro della partitura. Il pubblico, incuriosito dalla rara primizia, ha seguito la rappresentazione con interesse e ne ha suggellato la conclusione con applausi convinti e calorosi.