Le Sacre du Printemps: il capolavoro di Stravinskij secondo Xavier le Roy

Xavier le Roy - Le Sacre du Printemps
Xavier le Roy - Le Sacre du Printemps

Era il 1913 e Vaslav Nijinsky, icona del balletto russo di tutti i tempi, metteva in scena per la prima volta Le Sacre du Printemps di Igor Stravinskij. Da allora la storia dell’adolescente sacrificata fino alla morte in una Russa arcaica e pagana ha fatto tappa in tutti i palcoscenici del mondo. La stessa Pina Bausch nel 1989 ne aveva fatto un’edizione per il Wuppertal Theater dove l’idea del rito continuava ad abbracciare una dimensione prevalentemente collettiva. Xavier le Roy rilegge invece nel 2007 il capolavoro stravinskiano in un assolo, rompendo così con tutta la tradizione precedente. E a Venezia triplica.

Prova d’orchestra

L’edizione presentata alla Biennale Danza 2018 dal ballerino e coreografo francese è infatti un ulteriore passo in avanti: l’assolo è divento un incontro a tre. Le bravissime Scarlet Yu, Salka Ardal Rosengren ed Eleanor Bauer, dalla fisicità e le caratteristiche tecniche molto diverse tra loro, aggiungono, infatti, al piano soggettivo di un assolo livelli d’interpretazione senz’altro più complessi, moltiplicando le prospettive interpretative. L’idea è tuttavia la stessa di allora: eseguire la partitura musicale come un direttore d’orchestra e portare a livello del pubblico quella che spesso è un’esperienza privata.



Quanti di noi hanno finto almeno una volta di dirigere un’esecuzione, vibrando immaginarie bacchette e dialogando con strumentisti inesistenti? E’ la musica che rapisce il direttore d’orchestra o è quest’ultimo che la possiede e la piega alla propria interpretazione? La coreografia di Xavier Le Roy esplora proprio quest’aspetto. Le danzatrici sono chiamate a interpretare la musica di Stravinskij come direttori d’orchestra: l’accompagnano e la percorrono con gesti all’inizio più accennati, poi con movimenti sempre più profondi. Non si tratta di reagire alla musica, assioma per altro inseguito dalla danza contemporanea con risultati non sempre felici, ma di ascoltarla e provare a identificarsi con lei.

Una liturgia sacra e laica al tempo stesso

E’ quella che si dipana davanti ai nostri occhi. Le tre danzatrici eseguono i loro assolo, ma poi intessono anche un gioco a tre o a due, mantenendo una compostezza ieratica scossa però da movenze contemporanee: ammiccano al pubblico, mostrano il pollice in alto per rassicurarlo con un ok, osservano ammirate le prove delle loro compagne.



Una liturgia, appunto, dove il sacerdote è il direttore d’orchestra, la partitura musicale si destruttura, mentre atmosfere sciamaniche recuperano l’originale paganesimo dell’opera stravinskiana. La liturgia intanto prosegue, nell’essenzialità del palcoscenico spoglio i gesti imbastiscono traiettorie, incalzano o si dilatano, finché la musica sparisce e nel vuoto sonoro percepiamo solo il respiro della Rosengren che continua a muoversi. Ed è in questo preciso istante, nell’assolutezza del silenzio, che il rito completa il suo corso e la prova d’orchestra si trasforma definitivamente in frammento lirico.


Spettacolo: Le Sacre du Printemps
Visto al Teatro Tese dei Soppalchi di Venezia