In un faro abbandonato, su un’isola circondata dal mare, una coppia di vecchi (marito e moglie) attendono gli ospiti di una conferenza, tenuta da un Oratore Professionista, al quale il Vecchio ha affidato il compito di trasmettere il suo messaggio fondamentale per l’umanità.
A quasi 70 anni dal suo debutto, Le sedie, di Eugène Ionesco (Parigi, 1952), continua a parlare al pubblico, rivelando la piccola realtà dei due anziani coniugi, costellata di illusioni, fallimenti e figure inesistenti. Su di loro incombe un imponente “totem” di sedie accatastate, che costituiscono la scenografia, realizzata da Nicolas Bovey.
Lui e Lei, tra frustrazione e tenerezza
Valerio Binasco dirige Michele Di Mauro e Federica Fracassi (due interpreti in stato di grazia) in una farsa tragica i cui tratti assurdi si dissolvono in un silenzio assordante carico di parole, che progressivamente perdono forza e significato. Con qualche espediente (i costumi dei due protagonisti e il pesante trucco sui loro volti di pupazzi arresi all’umanità), il regista riesce nel suo intento di “fare di questo testo una storia di tenerezza umana”, dando nuova linfa vitale al Teatro dell’assurdo concepito da Ionesco.
Fin dal primo, lento ingresso in scena i due protagonisti trasmettono una rassicurante e poetica tenerezza, che raggiunge il culmine non tanto nelle parole (magistralmente svuotate di senso logico da Di Mauro e dal suo eloquio vorace), quanto nei gesti e negli sguardi, che si scambiano i due coniugi. Il legame tra Lui e Lei (chiamata Semiramide, nella traduzione di Gian Renzo Morteo, un evidente riferimento all’opera di Rossini) è ormai cristallizzato in una sorta di simbiosi madre/figlio, che aiuta a sopportare frustrazioni e angosce di una vita trascorsa senza che nulla accada realmente.
Spettatori e protagonisti
La regia di Binasco insiste sulla dimensione collettiva del teatro, un rito al quale partecipano contemporaneamente pubblico, attori e tecnici. Diretta conseguenza di questo approccio è il carattere metateatrale di quest’allestimento.
Nel preludio all’amaro finale, un faro seguipersona rende consapevoli i due coniugi della presenza di ulteriori ospiti: si sofferma su ciascuna sedia, fino a illuminare l’intera sala, indicando il pubblico quale atteso e autentico Oratore. Gli spettatori diventano perciò protagonisti, nonché custodi di un messaggio di speranza per il futuro del teatro.