Porto San Giorgio, teatro Vittorio Emanuele e San Severino Marche, teatro Feronia, “Le serve” di Jean Genet
CHE SIGNORE QUESTE SERVE..
Il teatro di Genet esprime con immagini oniriche una protesta e una provocazione sociale e rispecchia crudamente le esperienze della sua vita irregolare. Popolato di proscritti, prostitute, ladri, ragazzi interrotti, si fonda sul tema del teatro nel teatro, sul fascino della profanazione e della morte, sul gusto per il cerimoniale. La sua è una scrittura iconoclasta, avvolta da una fondamentale ambiguità. Influisce su questo un singolare rapporto con i maestri dell'eversione, antichi e moderni, dal marchese de Sade fino ad Antonin Artaud: si nutre del dato culturale ma, al tempo stesso, ne prescinde completamente. La sua denuncia sociale, personalissima nei toni e nei temi, arriva ad una pura felicità verbale con un'immaginazione libera e “fanciullesca”.
In questi ultimi anni gli scandalosi “I negri” e “Querelle” sono stati messi in scena con lucidità ed efficacia da Antonio Latella. “Les bonnes”, pièce “maledetta” scritta nel 1947, emblematica del teatro di Genet, prende spunto da un fatto di cronaca degli anni Trenta, l'uccisione di una ricca signora e della figlia perpetrata dalle due domestiche. Protagoniste sono Claire e Solange, anziane “serve” dominate da un rapporto di amore-odio nei confronti della giovane padrona, della quale, in sua assenza, scimmiottano i comportamenti in un rituale grottesco, quasi funereo, indubbiamente surreale. Le due ammirano, odiano, spiano Madame, come se questa fosse l'unica occupazione delle loro giornate, vissute fra l'indossare abiti, gioielli e profumo della padrona, azioni che costituiscono quel teatro di riflessi di cui Genet è maestro. Una vita che è una recita quotidiana, un rito teatrale che presenta Madame come un'apparizione, un'irraggiungibile Madonna dei peccati. Infatti le serve entrano ed escono da una realtà deformata, fino ad arrivare a ordire un avvelenamento che, in un perverso e incontrollato gioco di scambio di ruoli, si ritorce contro una delle due.
Il regista Giuseppe Marini sceglie di non sottolineare i riferimenti politici ed omosessuali del testo per indagare con pochi ingombri le inquietudini metateatrali della poetica di Genet. La messa in scena convince, le serve sono nella loro essenza due attrici, alla fine poco importa se sono sorelle oppure amanti, se Madame sia la proiezione dei loro attuali desideri frustrati oppure la concretizzazione di una passione giovanile coartata o assecondata. Tralasciando i riferimenti omoerotici, Marini mette al centro il grumo psicologico dei personaggi. Ci si immerge nella teatralità del testo anche per merito di Franco Quadri, che ha tradotto con esattezza il vertiginoso francese di Genet.
L'idea del teatro nel teatro si riflette anche nella scenografia di Alessandro Chiti, dai forti simbolismi onirici (l'orologio senza lancette, la chiave, la cornetta del telefono, i mazzi di fiori), incorniciati da un sipario nero e oro che sovrasta un enorme letto funereo e uno specchio sghembo che riflette una distorta e allucinata realtà.
Perfette le protagoniste: Franca Valeri è la concreta Solange, brechtiana nel suo essere ironica e cadenzata; Annamaria Guarnieri è la fragile Claire, con un ciuffo sfuggito dalla parrucca sul severo abito nero con colletto bianco. La sensuale Madame di Patrizia Zappa Mulas contrasta con l'aspetto lapideo, emaciato, infagottato delle serve.
Pubblico disorientato e poco numeroso a Porto San Giorgio; plaudente e caloroso a San Severino.
FRANCESCO RAPACCIONI e MONIA ORAZI
Visto a Porto San Giorgio (AP), teatro Vittorio Emanuele, il 10 marzo 2006 (Francesco Rapaccioni) e a San Severino Marche (MC), teatro Feronia, il 13 febbraio 2008 (Monia Orazi)
Visto il
al
Dei Differenti
di Barga
(LU)