In una camera da letto dove incombe un enorme specchio su di un grande talamo, due sorelle, Claire e Solange, non più giovani, vestite di modesti abiti da lavoro, inscenano una cerimonia. Una delle due impersona Madame la giovane "padrona" che le tiene a servizio, e l'altra interpreta se stessa, la domestica, o meglio, la sua controparte sorella, in un
gioco di ruoli dove Madame esprime tutto il suo disgusto per le sue due bonne e dove la bonne le impone la mise da indossare. E' un rito che le due sorelle intraprendono, ogni volta che sono sole in casa, il cui culmine dovrebbe essere l'omicidio di Madame. Ma le due sorelle non riescono mai a completare il rito. Il tempo a disposizione finisce sempre prima, Madame sta sempre per rientrare à la maison e questa volta, come se non bastasse, Monsieur l'uomo di Madame, incarcerato in seguito ad alcune lettere anonime, telefona per avvisare di essere stato rilasciato e che aspetta Madame al Bilboquet...
Tornate se stesse le due sorelle si rinfacciano invidie e gelosie, schernendo infatuazioni altrui (quella per un lattaio) e inconfessabili fantasie (atteggiarsi a regina al cospetto dei suoi sudditi; strangolare Madame) cercando così di
dissimulare la preoccupazione che le assale: è stata Claire a inviare le lettere anonime e ora le due sorelle temono di essere scoperte. Poi irrompe in scena Madame la quale, ignara che il suo uomo sia stato scarcerato, prima si atteggia a vedova inconsolabile, pronta a seguire il suo uomo in Siberia, che regala pellicce e vestiti alle sue due bonne; poi,
alla notizia della scarcerazione di monsieur si precipita all'appuntamento prima che possa bere la tisana di tiglio cui Solange ha aggiunto una dose letale di sonnifero.
Di nuovo sole, sicure ormai di essere scoperte come autrici delle lettere minatorie, Claire è talmente sopraffatta da fingere di morire. Solange prima immagina un sontuoso funerale al quale presenziano tutti i maggiordomi di Parigi in livrea e poi di conferire col commissario. Mentre Solange si riprende dallo sconforto Claire comincia nuovamente il rito impersonando Madame bevendo la tisana di Tiglio ai barbiturici mentre Claire attende l'arrivo della polizia con le braccia pronte a ricevere le manette.
Les bonnes (1947) di Genet, tradizionalmente tradotto in italiano con "le serve", anche se una traduzione più precisa sarebbe "le domestiche", ispirato, come ci informano le note di regia, al caso delle sorelle Papin, due domestiche a servizio che negli anni '30 uccisero la loro padrona e sua figlia, ha fama di essere testo complesso e difficile. I realtà la pièce, pur richiedendo un'alta prova alle sue interpreti, non presenta grosse difficoltà nella sua messa in scena né nella sua esegesi (altrimenti ci chiediamo come debbano essere definiti certi lavori di Beckett o di Ionesco...).
Probabilmente questa fama deriva da un'inconscia censura fatta all'opera di Genet in seguito al suo orientamento sessuale e alla sua poetica nella quale dichiara il suo amore (fisico e sentimentale) per dei giovani assassini...
Non a caso lo stesso regista Giuseppe Marini ha dichiarato di aver scelto di non accentuare i riferimenti politici e (omo)erotici del testo, una "lettura" omoerotica avvallata dallo stesso Sartre che in un suo famoso (e discutibilissimo) saggio nega addirittura a Solange e Claire lo statuto di donne e legge questi due personaggi in chiave omosessuale: Ciò che appare al fuoco della ribalta è dunque non tanto una donna quanto Genet stesso che vive l'impossibilità d'esser donna.1
Ma questo è un abbaglio naïf di una società e cultura borghesi radicalmente omofobe e puritane. Lo spettacolo è incentrato su tre personaggi femminili, dalle precise connotazioni e estrazioni sociali e Genet fa delle considerazioni precise e lucidissime sulla donna e sull'amore.
Altro elemento per cui Le bonnes è considerato testo "difficile" è il metateatro che lo caratterizza fin dall'inizio.
Il rito di Solange e Claire, con cui si apre o spettacolo, spiazza lo spettatore, portato a credere, almeno in un primo momento, che Claire sia Madame. Ma tranne questo coup de théâtre nel resto dello spettacolo il metateatro si stempera nei più tradizionali, ma non per questo meno inquietanti, cenni alle fantasie di entrambe o a scene accadute precedentemente (i tentativi di strangolamento di Madame, le fantasie sul lattaio, le prove di scrittura per le lettere minatorie, le avide letture di cronaca nera...). Les bonnes più che uno spettacolo che ragiona sul farsi, proprio e del teatro in genere, gioca con la rappresentazione, la esplicita, la mette in mostra anelando all'autenticità proprio tramite la sua
posa. La messa in scena di Marini si apre con alcuni brani della lunga premessa che Genet antepone al testo (nell'edizione definitiva del '68) nel quale spiega come recitare lo spettacolo Il modo di recitare delle due attrice impersonanti le due serve deve essere furtivo. (...) Le attrici tratterranno perciò i gesti lasciandoli come in sospeso, o affraliti (...) Le due serve non sono mignotte: sono invecchiate, sono smagrite nella dolcezza della signora. Non occorre che siano carine (...)Il loro occhio è puro, molto puro, perché ogni sera si masturbano, e alla rinfusa scaricano, l'una addosso all'altra, il loro odio per la Signora..
Questi brani sono recitati a sipario chiuso, con le due attrici di spalle, iniziando quell'opera di mostrazione degli apparati del teatro presenti nel testo. Ma questa non è che una delle innumerevoli intuizioni della splendida regia di Marini.
Alcuni oggetti di scena, presenti concretamente nel testo originale (la sveglia che segna il tempo del rito, prima che madame rientri, il telefono con cui monsieur avverte della propria scarcerazione), compaiono sulla scena come enormi feticci che calano dall'alto, amplificando il senso simbolico del teatro (dove i gesti e gli oggetti vengono mimati e non sono mai veri). Ancora, il magnifico ingresso in scena di Madame su di un enorme podio, che riprende le forme di una gonna gigantesca (incastonata di luci), che ricordano quella della madonna nelle processioni di paese, oppure, le crinoline dei vestiti d'altri tempi. Non sono espedienti ma congrue implementazioni del testo genettiano la cui intenzione primaria è proprio quella di mostrare il rito del teatro per svelare quello delle convenzioni sociali, dei rapporti tra classi e relativi ruoli tra le persone, dove ognuno si adegua a un ruolo e dove nessuno è mai realmente quel che sembra, non tanto per una mancanza di chiarezza del Reale ma proprio perché il Reale è troppo complesso per qualunque semplificazione. Perché nonostante i continui tentativi di dissimulare la propria personalità, la propria vera indole attraverso una rete di convenzioni sociali, alla fine l'abnegazione con cui ci si abbandona a quei ruoli tradisce la personalità forte delle donne di questo dramma. Madame è sì affettata e viziata fino a rischiare di scadere nella macchietta ma non è affatto svampita come vorrebbe il cliché, anzi, appena rientrata in casa, nonostante stia recitando il ruolo della donna affranta e inconsolabile, nota subito la chiave girata nel verso sbagliato e gli altri piccoli dettagli fuori posto che le due sorelle hanno dimenticato di ripristinare, vero e proprio atto mancato, dopo il loro rito, distratte dalla notizia della scarcerazione di monsieur. Madame è la prima a non credere al ruolo che recita perché quel che conta non è l'adesione nell'intimo a certe affettatezze ma atteggiarsi in un frivolo, ma non per questo meno pericoloso, gioco di scimmiottamento ricorrendo a un florilegio di accenni e rimandi a consuetudini e convenzioni. Così quando irrompe in scena nell'apoteosi della madonna vedova madame canta un'aria (interpretata da Stefania Bonfadelli) accennando appena al playback mostrandone così l'artificio perché quel che conta non è la credibilità della situazione ma l'adesione morale alla sua retorica.
Lo scimmiottare d'altronde è l'intrattenimento precipuo delle due sorelle, intente a contendersi l'una con l'altra idiosincrasie e desideri, pulsioni di morte sempre correlate alla loro componente erotica (quei seni di madame che hanno impedito lo strangolamento; quel bacio criminale sulla bocca con cui le due sorelle si accomiatano nel finale) che ricorda quello di due adolescenti che mimano gli adulti e che si ritrovano loro malgrado invecchiate.
Un'altra delle geniali intuizioni di Marini è stata quella di capovolgere la consuetudine che vuole madame più vecchia delle sue bonne e di fare interpretate il ruolo delle due sorelle a due attrici anagraficamente vecchie cui oppone la sfrontata giovinezza di madame.
Uno ...scontro tra titani del teatro che vede recitare insieme Annamaria Guarnieri la musa del teatro ronconiano e Franca Valeri la veterana della comicità alta, quella d'autore e riverita pure dall'intellighenzia2 con dei risultati altissimi, cui si oppone, uscendone a testa alta, la prova ironica e intelligente di Patrizia Zappa Mulas nel ruolo di Madame.
E' lei a incarnare quel femminino affettato, esagerato e amplificato che è parto dell'immaginazione maschile. Altro che testo incentrato sull'omoerotismo! Les bonnes mostra l'artificio di un femminino pensato dai maschi a loro
uso e consumo. Se queste donne sono affettate sino al punto da ricordare certi atteggiamenti effeminati dell'omosessuale checca non è perchè l'autore del testo è un omosessuale (come pretende Sartre) ma, al contrario, proprio perchè Genet vedendolo dall'esterno si rifà a quell'immaginario maschile del femminile distorto e misogino.
Il dramma, il vero dramma portato in scena da Genet è l'acquiescenza con la quale le donne, quelle dello spettacolo ma anche quelle del mondo reale, hanno recepito e interiorizzato questo modo di fare affettato, di amare l'uomo come bambine adoranti, dove l'erotismo lungi dall'emanare dalla sensualità del copro femminile deriva direttamente dal mistero di un corpo non (ri)conosciuto. Quando Madame recita la propria disgrazia di donna priva dal suo uomo (del suo maschio) è esattamente come gli uomini vorrebbero (o pensano) che le donne debbano reagire quando viene loro sottratto l'uomo. Anche le fissazioni di onnipotenza di Claire e di Solange (una che si atteggia a regina l'altra che si atteggia ad assassina ma poi, non riscendo a uccidere la amata/odiata padrona, uccide se stessa come gesto di estrema protesta e rinuncia) rientrano in un femminino caricaturale e grottesco nel quale emerge non già la donna in sé ma quella immaginata dall'uomo.
I personaggi femminili de Le serve, nonostante conducano la loro recita da due fronti opposti, non possono dissimulare un'attrazione e un odio nei quali solidarietà e concorrenza si sovrappongono in un gioco che non arriva mai a una soluzione definitiva.
Uno spettacolo imperdibile che è in tournée dal 2006 (debuttando nel marzo di quell'anno a Pistoia2) e che era già approdato a Roma nel maggio del 2007 al Teatro Argentina.
Questo nuovo allestimento risente purtroppo del teatro differente: il palcoscenico del della Cometa non è quello dell'Argentina e la scenografia di Alessandro Chiti ne soffre un po'. Mentre il pubblico del della Cometa, purtroppo poco avvezzo a questo tipo di spettacoli (basta guardare il resto del cartellone per rendersene conto), pur presenziando in massa alla rappresentazione, ha rumoreggiato inauditamente non poco annaspando tra le pieghe di uno spettacolo evidentemente troppo diretto, troppo anticonvenzionale per lui. Le tre protagoniste hanno dimostrato ancora di più la loro grandezza non risentendo del pubblico inadeguato e delle sue scostumatezze, essendo il teatro un rito collettivo, vivo e irripetibile, che molto deve anche alla partecipazione del pubblico, ma in questo caso no.
1) Jean-Paul Sarte, Santo Genet, commediante e martire Il saggiatore, Milano 1972, ora in Jean Genet Le serve Einaudi, 2008
2) Silvia Francia Guarnieri & Valeri Le signore del teatro serve per Genet
La Stampa 1/2/2007
Potete leggere un'intervista a Franca Valeri e Patrizia Zappa Mulas sul Le serve pubblicata su questo sito cliccando
qui
Roma, Teatro della Cometa
dal 6 al 25 gennaio 2009
Visto il
al
Dei Differenti
di Barga
(LU)