Testo frequentatissimo, talvolta con troppa disinvoltura, Le bonnes (1947) impropriamente tradotto in italiano con Le serve (le domestiche sarebbe un titolo più appropriato) fu ispirato a Genet da un fatto di cronaca degli anni 30, che vide le due giovani sorelle Papin, a servizio da una famiglia borghese parigina, uccidere la padrona e sua figlia con furia animale (denti spezzati, occhi cavati dalle orbite).
Genet imbastisce un racconto che mostra due sorelle, Claire e Solange, succubi di Madame, legate a lei da un rapporto di obbedienza ma anche di invidia e di amore-odio che le porta ogni giorno, quando Madame esce di casa, a eseguire un cerimoniale nel quale a turno impersonificano una Madame e l'altra l'altra sorella.
Un gioco delle parti nel quale lo scarto tra finzione e realtà (le due sorelle interpretano sempre un'altra da sé) mostra da un lato tutta la messinscena dei ruoli di genere (l'affettazione di Madame che si atteggia a vedova bianca perché Monsieur è stato incarcerato a causa di una lettera delatoria, spedita, a sua insaputa, dalle sue adorate domestiche) e denuncia, dall'altro, la colonizzazione borghese dell'immaginario collettivo delle due giovani proletarie.
Le due sorelle sono in fuga da se stesse, odiando di sè condizione sociale e aspetto fisico. Nel delirio immaginifico di una vita vera che sta solo altrove (con delle punte massime quando si immaginano la schiera di maggiordomi e portieri partecipare al loro funerale) Claire e Solange sono legate da un sodalizo di sororanza anche erotica, alla ricerca di un femminino che riescono a trovbare sulamente fuori da sè, in un sentimento pulsionale di fusione ora tra di loro ora con Madame.
Carlo Cianfarini, dell'Associazione Culturale di Promozione Sociale Il tempo dell'arte approccia il testo lasciandosi ispirare al gioco delle parti pirandelliano, mettendo la recitazione delle tre interpreti al servizio del testo (modificato in maniera quasi impercettibile) senza piegarlo all'affabulazione recitativa, come sucede in tanti allestimenti disinvolti.
Un testo del quale individua con sottile acume uno dei suoi focus interpretativi il delirio che alimenta la ricerca delle due protagoniste di dare forma a una vita che sentono vera solo se collocata altrove, nella finzione, o, meglio, nella cerimonia recitativa che dà spessore e "verità" a una vita immaginata.
Una voglia di vita che trova modo di esprimersi nell'invidia e nell'emulazione, tra lotta di classe e subordinazione sociale, in un afflato verso un'esistenza altra e altrove. Una ricerca di forma e vita che accomuna tutti i personaggi nei rapporti tra i quali Cianfarini ben indovidua una sotterranea solidarietà assassina.
Cianfarini, seguendo un'intuizione di fu già di Giuseppe Marini, inverte l'età delle due sorelle, che Genet immagina più giovani di Madame, facendole interpretare a due attrici mature contrapponendo loro una Madame giovane che risulta dunque ancora più affettata nell'incarnare il femminino che Solange e Claire invidiano al punto da volerlo distruggere.
Chiara Pavoni è una Claire magnifica, imbronciata e disperata quando serve, capricciosa e sopra le righe al momento giusto, credibile sia nei panni di Madame che in quelli ambivalenti di se stessa, cui fa da contraltare Maria Grazia Bordone la cui interpretazione, appena più contenuta nella verve fisica, è capace di grandi slanci emotivi.
Spassosa Elena Rocca (deve solo controllare meglio la pronuncia di qualche consonante che risulta doppia quando non dovrebbe a causa dell'accento romano) che interpreta una Madame ai confini del camp.
Molto interessanti le istallazioni scenografiche, di Angelo Larocca, che con sfere di plastica trasparente e tubi corrugati per i cavi sotterranei, propone una rivisitazione, apocalittica e inorganica, degli ornamenti floreali trasformandoli in contenitori di scena.
Indecisi e poco efficaci invece gli inserti musicali, che arrivano all'improvviso a sottolineare certi passaggi del testo scomparendo altrettanto improvvisamente.
Le serve è uno spettacolo da vedere assolutamente.
Avete tempo fino a domenica 20.