Le troiane è una delle tragedie più famose di Euripide, nella quale si racconta delle donne di Troia, subito dopo la caduta della città per mano degli Achei, rese schiave e deportate in Grecia, rese vedove e stuprate, alle quali non viene risparmiato nemmeno il dolore per la morte, non in battaglia, ma punitiva dei figli maschi, anche giovanissimi, per interrompere la discendenza maschile. Una denuncia delle atroci ingiustizie maschili della guerra di Troia che, ai contemporanei di Euripide, doveva ricordare immediatamente la guerra del Peloponneso, che incombeva in quegli anni, guerra che avrebbe segnato la fine dell'egemonia politica di Atene. Lungi dall'essere una celebrazione dei miti greci la Tragedia di Euripide si presenta come una intensa critica a un modo di raccontare, dunque di tramandare, la Storia, una critica che gli ateniesi erano in grado di intraprendere sostenere e sviluppare proprio grazie allo strumento del Teatro che, nell'arco di un secolo, aveva costituito un laboratorio politico e culturale per una città che andava modificando sostanzialmente le proprie istituzioni, il modo di elaborare la Storia, in una parola la sua cultura (in senso antropologico).
Non deve sorprendere dunque se Sartre, ben conscio di questa trasformazione in atto1, si
sia posto il problema di restituire al pubblico moderno il distacco critico che doveva provare quello ateniese durante la visione della tragedia. I riferimenti impliciti alla guerra in Algeria e i problemi politici ad essa connessi sono dunque conseguenziali e connaturati all'operazione culturale di riscrittura della tragedia per un pubblico sensibilmente diverso da quello per cui era stata pensata.
In questo panorama si inserisce l'allestimento di Reza Keradman che, oltre a Sartre, si rifà anche al romanzo di Christa Wolf dedicato a Cassandra.
Sulla scena, tra bacili pieni di sangue, frammenti di specchi, mentre ai lati della parete di di fondo vengono proiettate immagini che riguardano il mondo femminile, una donna, strattonata da due uomini, interpreta brani della tragedia, da Cassandra, che si felicita sia stata scelta sposa da Agamennone, convinta di attirare su di sé e il futuro sposo la sciagura degli dei, ad Andromaca, che piange il marito Ettore e l'uccisione cruenta e sadica del figlioletto Astianatte, dietro suggerimento di Ulisse, e infine la greca Elena, che si difende disperatamente dalle accuse di essere la causa del conflitto.
A questi monologhi si alternano i commenti dei due attori maschili uno riassumendo brani della tragedia e collegando tra di loro i monologhi espunti, l'altro declamando, in una lingua straniera, l'Iraniano, brani della tradizione Tazieh (lutto in commemorazione), un’antica forma teatrale iraniana che ebbe origine 3000 anni fa.
Lo spettacolo è molto suggestivo, il tappeto sonoro di Maurizio Gabrieli sa evocare con giusta precisione onirico-amniotica e sagacia emotiva il clima consono ai fatti narrati dalla tragedia. Gli oggetti quotidiani trasformati in artigianato etnico con funzione di oggetti di scena (gli assi da stiro come erme, i coperchi di alluminio come scudi), accanto a strumenti musicali autentici come il tamburo a cornice (con doppia pelle, quindi chiuso, con anelli di metallo al suo interno per arricchirne le potenzialità musicali) rendono benissimo il senso di eventi lontani dalla nostra storia ma al contempo attualissimi ed è confortante vedere, tra le immagini videoproiettate, accanto alle donne arabe e mediorientali mortificate dai veli che ne coprono il volto, quelle europee altrettanto mortificate da un trucco che le snatura e ne copre il viso, in maniera del tutto omologa a quei veli da noi europei etnocentricamente percepiti come segno di inciviltà).
Selene Rosiello unica presenza femminile dello spettacolo (mentre la tragedia di Euripide si distingueva per il numero di donne in scena) alla quale sono affidati tutti i monologhi, sorprende per l'enorme presenza scenica e per la capacità di passare da un personaggio all'altro costruendo ciascuno di essi con piccole ma determinati differenze nella postura o nella dizione, con la sua recitazione sa passare repentinamente da una immedesimazione accorata al distacco più totale spiazza, sorprende, capace sempre di richiamare l'attenzione su di sé.
Qualche riserva invece va sollevata per l'onnipresenza maschile: i due attori sono sempre in scena, anche durante i lunghi monologhi di Selene, incombendo esageratamente come presenza maschile col risultato di suggerire, al di là delle intenzioni della regia, una sorta di necessità e di tutoraggio della donna, che non rimane mai sul palco da sola (mentre loro, gli uomini, sì).
Capiamo la necessità di denunciare l'incombenza maschile (denuncia esacerbata dalla vis politica di Christa Wolf che mette in bocca ad Andromaca inaccettabili e fuori luogo parole di ludibrio sui mostruosi gusti sessuali omoerotici di Achille) ma un'assenza dell'uomo avrebbe ottenuto lo stesso effetto permettendo al femminile di emergere nella sua assoluta e solitaria necessità.
La messinscena di Reza Keradman presenta una rilettura della tragedia di Euripide che, pur non affrontando direttamente il problema esegetico e di traduzione di cui si faceva carico Sartre, sa restituire con grande eleganza il senso profondo di un racconto mitico attraverso il quale possiamo capire meglio anche il nostro presente. Lo spettacolo costituisce il secondo (cronologicamente) fiore all'occhiello della rassegna "Eventi 2009" del teatro Sala Uno.
1) Nel momento in cui Euripide compone Le Troiane le credenze sono divenute dei miti più o meno sospetti. Ancora incapace di rinnegare i vecchi idoli, lo spirito critico degli Ateniesi è già capace di contestarli. (...) Le espressioni che utilizza Euripide sono le stesse, in apparenza, a quelle dei suoi predecessori. Ma è il pubblico non ci crede più o ci crede meno, esse suonano diverse, dicono altro (...). Tra la tragedia di Euripide e la società ateniese del V secolo esiste un rapporto implicito che noi oggi non possiamo vedere che dal di fuori. Se volgiamo rendere questo rapporto palpabile, non posso accontentarmi di tradurre la piéce, bisogna che la adatti.
Jean Paul Sartre, Introduzione a Le Troiane in J. P. Sartre Le Troiane Mimesi, Milano 2005 pp. 8 e 9
Roma, Teatro Sala Uno dal 30 Gennaio al 4 Febbraio
Visto il
al
Sala Uno
di Roma
(RM)