Prosa
L'EBREO

Ornella Muti è bravissima

Ornella Muti è bravissima

La cosa che mi ha sbalordita maggiormente, chissà perché, è stato questo esordio dal vivo di un’attrice ormai un po’ trascurata dal cinema e che sembrava potesse rischiare grosso tentando la strada del palcoscenico. Ma il fatto che Ornella Muti recitasse dal vivo da ormai un paio d’anni ha scacciato subito i timori degli spettatori con questo L’ebreo, un'orribile, grottesca commedia di Gianni Clementi, autore italiano che tocca le corde dell’ilarità e del disgusto istintivo raccontando una storia che inizia come commedia all’italiana e si trasforma in un thriller con finale tinto dalla follia.

La protagonista brilla di luce propria affiancata da una coppia di attori eccellenti: Duccio Camerini nei panni di Marcello Consalvi, il marito grassoccio, pelatino, bonaccione e onesto che sfigura di fronte all’amico idraulico Tino, impersonato da un ottimo Mimmo Mancini che è stato da ragazzo pure amante di Immacolata, questa moglie arpia che riuscirà, terrorizzata all’idea di perdere il benessere acquisito negli ultimi anni, a convincere il marito a compiere un delitto  e l’amico a dar loro una mano.

Ma tutto ha inizio tra gli anni 40-50 con lo stanco racconto di una coppia apparentemente benestante, che raccoglie denaro da affitti di vari appartamenti e dalle vendite di diversi negozi ma lei, Immacolata è sempre scontenta. Brontola, parla in dialetto romanesco usa parolacce, sembra una donna dei quartieri bassi e difatti da lì proviene e così è stato fino a quando, già sposata col commesso di un negozio di Roma in cui pure lei prestava servizio, il padrone propone a Marcello Consalvi, di cui si fida per l’onestà e cristallina lealtà, a diventare padrone di tutto ciò che lui possiede poiché le recentissime leggi razziale imposte dal fascismo rischiavano di fargli sequestrare tutto: è un ebreo e intende fuggire, lasciando i suoi beni in buone mani.

La guerra finisce e nulla accade, così i Consalvi restano a vivere come persone agiate e Immacolata si abitua a vestir bene, andare dal parucchiere, anche se sente di essere poco apprezzata dai vicini, di cui spettegola in continuazione. Ornella Muti è semplicemente grandiosa nel ruolo davvero difficile di proletaria divenuta piccola borghese, piena di accidia e cattiveria, indifferente ai sentimenti altrui e convinta di avere tutti i diritti di essere e avere ciò che ritiene ormai suo di diritto. Sarà così un vero colpo di scena l’arrivo imprevisto, dopo 13 anni di assenza, del proprietario della casa che appare fuori dalla loro porta. I Consalvi non aprono e incominciano a vivere l’incubo della decisione: restituire tutto o tentare altre vie?

La frustrazione diventa rabbiosa e nulla servirà a far ravvedere la donna, nè i flebili tentativi del marito che in fondo vorrebbe comportarsi nel modo giusto, provando pena per gli orrori subiti dal vecchio padrone, mentre Immacolata pronuncia spaventose accuse e frasi francamente antisemite senza neppure accorgersene, come hanno fatto per decenni gli ignoranti che odiavano gli ebrei solo perché non possedevano le loro cose... Solo che qui, fra battute create magistralmente in modo da far scoppiare la risata per motivi del tutto squilibrati rispetto alla suspence della commedia, la storia assume l’aspetto grottesco di una tragedia a venire.

Da non perdere se possibile non fosse che per vedere quanto brava sia Ornella Muti e i suoi due compagni di palcoscenico. complimenti a lei per non aver scelto una storiella leggera e poco impegnata: al contrario, ha osato interpretare in modo totale un ruolo davvero ripugnante di donna, di quelle che manipolano gli uomini con falsità, sesso e denaro... Cose solo d’altri tempi? Ottima anche la regia di Enrico Maria Lamanna che, grazie a momenti di buio totale, cambia le scene in modo sorprendente e in pochi attimi, forzando il ritmo della storia che, specie nel secondo tempo, lascia senza fiato.

Visto il 29-03-2011
al Nuovo di Milano (MI)