Nello stesso periodo la Scala e la Fenice mettono in scena l'Elisir donizettiano e il confronto accentua i caratteri da commedia dell'arte dell'allestimento in laguna. Infatti tanto lo spettacolo scaligero era esemplare per il taglio cinematografico (la cura delle controscene, l'ideale ambientazione nell'Italia rurale del secondo dopoguerra. i dettagli nella recitazione dei protagonisti), quanto lo spettacolo veneziano pare proprio una commedia dell'arte, improntato a un effetto di improvvisazione e ambientato in uno spazio delimitato da teli dipinti sopra una pedana di legno.
L'impressione è, infatti, che il regista Bepi Morassi abbia voluto rendere l'atmosfera e i ritmi della commedia dell'arte, l'improvvisazione delle compagnie di girovaghi che si servono di mezzi semplici ed essenziali, ma immediatamente capaci di sottolineare la dimensione favolistica. Gli stessi dettagli spingono sul pedale della fiaba: l'altalena di Nemorino, le lavandaie, lo zaino da soldato, i militari, l'arrivo del cialtrone Dulcamara, tutto aumentato dalle quinte digradanti a cannocchiale che incorniciano l'azione.
Proprio Dulcamara è parso il carattere meglio riuscito, sopra un carro con i colori, gli eccessi e l'atteggiamento clownesco (a partire dalla parrucca con i capelli ricciuti simili a grandi corna): prima il volantinaggio pubblicitario dal loggione per l'elisir, poi il suo essere il platea nel finale come una specie di deus ex machina. Così pure le guardie di Belcore, comparse altissime e simili ai soldatini di piombo nelle divise e nelle rigide e buffe movenze di marcia.
Adeguate le scene di Gianmaurizio Fercioni, gli sfondi vistosamente dipinti come le illustrazioni dei libri di favole; suoi anche i costumi storici, anche se meno comprensibile è il tailleur rosa mpderno che Adina veste nel duetto con Nemorino nel primo atto (ma l'espediente del camerino di Adina è, scenograficamente, assai efficace). Completano la messa in scena le luci di Vilmo Furian e le coreografie di Barbara Pessina; con il regista ha collaborato Luca Ferraris.
Matteo Beltrami ha tenuto bene il ritmo ed il tempo della partitura per tutta l'opera, fornendo il giusto accompagnamento ai cantanti e garantendo un buon equilibrio tra buca e palco.
Nel cast ha spiccato Beatriz Dìaz, una Adina fresca e spigliata, brillante nella recitazione e di vocalità piena e salda negli acuti. Vocalmente leggero il Nemorino di Enrico Iviglia, a suo agio in palcoscenico ma non abbastanza da rendere i lati di “semplicità” bonariamente affettuosa del personaggio. Meno incisivo il Belcore di Marco Filippo Romano. Elia Fabbian tratteggia Dulcamara in modo clownesco, accompagnato da quattro assistenti, calcando su alcune particolarità del personaggio in modo divertente ma mai sopra le righe. Oriana Kurteshi è l'occhialuta Giannetta che, nel finale, cade fra le braccia di Belcore. Il coro è stato preparato da Claudio Marino Moretti.
Molti spettatori e vivo successo di pubblico.