Lirica
L'ELISIR D'AMORE

Elisir d'amore e giovinezza

Elisir d'amore e giovinezza

Un nuovo allestimento di L’elisir d’amore al Teatro Alighieri di Ravenna firmato da Leo Nucci e coprodotto con il Municipale di Piacenza: dopo Luisa Miller, presentata nella passata stagione, il baritono torna a Ravenna nelle vesti di regista con il secondo titolo realizzato nell’ambito del progetto Opera Laboratorio, dedicato alla formazione e alla selezione di giovani cantanti. Possiamo definire questo un Elisir d’amore e giovinezza dato che vede cantanti e musicisti di età media tra 23 e 24 anni.

Ciò che colpisce in Elisir è la sapiente miscela tra elementi buffi e lirici, tra divertimento e sentimento; sono proprio queste caratteristiche ibride, non solo comiche, non solo serie, che stanno alla base della regia di Nucci, che intende ridare dignità ai personaggi. L'azione, che nel libretto di Romani è ambientata nell'Ottocento, viene trasportata a quel momento storico ricco di grandi speranze che fu il secondo dopoguerra, periodo che ha permesso al regista di fare un esplicito riferimento a un film bellissimo, come Pane, amore e fantasia, e al contempo di non stravolgere la vicenda narrata. Un allestimento molto “reale”, in cui non vi è nulla di fiabesco, che parte dalle indicazioni di libretto. La trama, semplice e graziosa, consiste nelle avventure di Nemorino, giovane e semplice contadino, e della ricca e capricciosa fittavola Adina, di cui è innamorato. La vicenda è abilmente contornata da altri due personaggi: l’intraprendente sergente Belcore e il medico-ciarlatano Dulcamara. Il tutto con il lieto fine e con una serie di ricche pagine musicali memorabili buffe e struggenti, ambientate nelle meravigliose scene di Carlo Centolavigna, arricchite dalle luci di Claudio Schmid e dai costumi di Artemio Cabassi, che danno un po’ di respiro dalle ormai sempre più frequenti scelte minimaliste negli allestimenti.

La semplicità e la freschezza della vicenda sono sicuramente evidenziate dalla giovane età dei cantanti in scena. Maria Mudryak è un’Adina furbetta e sbarazzina, con una voce agile e squillante, ben proiettata e brillante negli acuti e nelle colorature, ma un po’ priva di sfumature e, verso la fine, un po’ affaticata. Marco Ciaponi ha un timbro chiaro da tenore leggero, che, se lo aiuta a mantenere il carattere semplice del contadino Nemorino e a concedere maggiore giovanile speranza alle romanze più liriche, lo fa scomparire nelle scene d’insieme. Bravi Andrea Vincenzo Bonsignore, un aitante Belcore dal timbro brunito, sonoro e corposo, con voce sicura e ben proiettata, e Daniel Giulianini, con una resa giustamente molto comica di un Dulcamara un po’ folletto irlandese, con cui dimostra oltre alle doti canore di basso-baritono (voce più consona alla tessitura della parte a differenza di un più tradizionale basso buffo) una spiccata scioltezza nella recitazione e una buona sonorità della voce parlata. Spigliata e vezzosa la Giannetta di Ludovica Gasparri, anche se la voce era a tratti assente. Elogio al sempre più bravo coro del Teatro Municipale di Piacenza, preparato dal maestro Corrado Casati, tanto nel canto quanto nella presenza scenica.

Non convince molto la direzione di Stefano Ranzani: forse i giovani musicisti dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e cantanti avrebbero avuto bisogno di una mano più sicura.

Visto il
al Alighieri di Ravenna (RA)