Titolo tra i più rappresentati, L'elisir d'amore è sicuramente il lavoro comico maggiormente riuscito di Donizetti: forse per la particolare caratterizzazione melodica e per l’italianità senza tempo del soggetto, quest’opera riesce sempre a creare un particolare coinvolgimento del pubblico, il quale non si sente mai solo spettatore, ma anche un po’ partecipe. Lo spettacolo riprende uno fra i più apprezzati allestimenti del Teatro Regio di Parma nato nel 1988 e ripreso nel 2003.
La seduzione è la vera protagonista di quest'opera, un gioco di relazioni vissuto con tenera e ineffabile leggerezza. In una sorta di antitesi al mito di Don Giovanni, Nemorino, timido e sempliciotto contadino, è reso ancora più imbranato da un'irriducibile “cotta” per Adina, ricca, capricciosa e smaliziata fittavola. Ma quello che parrebbe essere un corteggiamento senza speranza si trasforma, complice la passione sincera di Nemorino e una buona dose di fortuna (e inganno), in una conquista a lieto fine. Donizetti mise qui la sensibilità nuova del melodramma ottocentesco al servizio di un'opera che alternava elementi di comicità esilarante a momenti patetici e ricchi di lirismo, animando i personaggi di sentimenti veri e creando per la prima volta un contraltare alle maschere della commedia rossiniana. Semplicità quindi non come banalità ma come naturalezza nell’espressione di veri e sinceri sentimenti, dalla gioia e dalla spensieratezza della giovane età fino all’esternazione delle più profonde passioni.
La regia di Marcello Grigorov, ripresa da un'idea di Francesca Zambello, esalta la leggerezza e semplicità che si ritrovano nella musica e nel libretto con azioni contenute nel garbo e nel rispetto dello svolgimento dei tempi musicali. Contribuiscono a tutto ciò le luci di Andrea Borelli e le scene e costumi di Nica Magnani, con uno spazio scenico lineare e geometrico, idealmente diviso in tre parti: quella centrale viene utilizzata per raccontare gli aspetti più evocativi della storia, mentre quella posteriore è destinata a ospitare la parte onirica del racconto; portando i protagonisti in ribalta, l’azione viene raccontata nella parte anteriore della scena, a volte addirittura isolata dalle altre con la discesa del sipario, per evidenziare ulteriormente la separazione degli spazi.
La parte musicale dello spettacolo è affidata a Francesco Cilluffo, qui alla guida dell'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna e del Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani. Giovane direttore ma per nulla inesperto, Cilluffo ha saputo rendere alla perfezione tutto il sapore grazioso e romantico dell’opera, con una direzione chiara e fluida che ha permesso di godere del naturale flusso della musica, carica di grazia e spensieratezza anche nei momenti sentimentalmente più intensi.
Jessica Nuccio, giovane soprano palermitano, ha saputo incarnare perfettamente i panni della ricca Adina, mantenendo il suo carattere giovane e capriccioso ma privo di cattiveria, con una voce brillante ed elegante, affrontando i momenti di agilità e i passaggi più acuti con sicurezza e controllo. Il Nemorino di Celso Albelo mantiene tutti i connotati del personaggio, riuscendo a dosare il grado di patetismo che lo fa risultare amabile ma mai ridicolo, distinguendosi per una voce affascinante, omogenea e brillante mantenendo una linea di canto sempre pulita e un fraseggio chiaro ed eloquente. Julian Kim interpreta un Belcore un po’ poco spavaldo ma sciolto in scena e con una voce decisa e ben sostenuta. Roberto de Candia ci regala un Dulcamara scaltro, comico e vivace, che attira l’attenzione non solo dei paesani in scena, ma anche del pubblico in sala, con una voce che, nonostante la tessitura, esalta chiaramente il testo e il fraseggio naturale della musica.