Lirica
L'ELISIR D'AMORE

PAZZO D'AMORE

PAZZO D'AMORE

Il doppio debutto scaligero di Laurent Pelly e Rolando Villazon ci ha consegnato un Elisir delizioso, coprodotto con l'Opéra National di Parigi e la Royal Opera House di Londra, dove lo spettacolo è già stato in cartellone.

Le scene di Chantal Thomas (e i costumi dello stesso Pelly) situano l'azione in un’Italia rurale del dopoguerra, attualizzazione che funziona e crea una giusta ambientazione alla commedia sentimentale, naif quanto basta senza scivolare nello stucchevole. Il regista, con pochi ma intelligenti tocchi, suggerisce una pianura assolata e luminosa dove si vedono balle di fieno e campi arati, un set ingenuo ed evocativo dove sfilano biciclette, trattori, Velosolex e le prime Vespe del boom, con un senso di dèjà-vu che si presta particolarmente all’Elisir e alle sue furtive lacrime, inserite in un retroterra sociale della nostra recente memoria collettiva. Ecco allora la trattoria di campagna, il furgone del latte divenuto camioncino per Dulcamara, le ragazze in golfino bon ton che passeggiano al crepuscolo al limitare del borgo dove lo sguardo si perde all’infinito, i grilli che cantano e un cagnolino che sfreccia per la scena.

La prima parte dell’opera si svolge su di un’alta piramide di balle di fieno, una montagna di paglia che cerca di scalare Nemorino per spiare la bella Adina distesa al sole, che recita la parte della scocciata nascondendo lo sguardo dietro occhiali neri da diva, ma che sembra essersi messa lì a bella posta per scatenare il desiderio maschile. Sdraiata sul fieno, Adina legge e fa ondeggiare le gambe nude nel meriggio estivo sotto un piccolo ombrellone rosso, messo lì più che per riparare dalla calura per indicare piuttosto la bella stesa sul fieno a darsi lo smalto sulle unghie dei piedi. Insomma una specie di “cuccia” che Adina si è ricavata nel fieno più per mostrarsi che per ripararsi a leggere in pace.

Numerose e perfette le trovate registiche di Laurent Pelly che vivacizzano la scena. Durante la furtiva lacrima calano dal cielo al rallentatore lampadine accese, stelle filanti per tradurre la gioia e la poesia della pagina o luminarie naif da festa paesana. Adina e Nemorino sono in realtà personaggi complessi e sensibili; dietro l’apparenza civettuola della ragazza si percepisce insicurezza e trepidazione e Nemorino, lo scemo del villaggio, ha un cuore grande e un temperamento tenace. La produzione, apparentemente senza pretese, invero prevede un movimento scenico impegnativo e curatissimo, nelle scene e nelle controscene, senza tempi morti come deve essere una vera commedia. I personaggi si arrampicano con disinvoltura sulle balle di fieno, sfuggono, s’inseguono, saltano, danzano continuando a cantare con sorprendente naturalezza.
La regia è stata ripresa in modo impeccabile da Hans Christian Rath; le luci perfette sono di Joel Adam.

Irina Lungu debutta nel ruolo di Adina, resa in modo snob ma popolaresco e con padronanza tecnica del ruolo, anche nelle colorature. Rolando Villazon ha dimostrato di avere ben superato l'intervento alle corde vocali; attorialmente perfetto, tratteggia in modo comico e commovente un Nemorino indimenticabile e, se la voce in alcuni momenti pare forzare, l'espressività e la musicalità compensano ogni cosa, essendo a livelli altissimi e rendendo al meglio il ruolo pensato dal regista: un Nemorino considerato lo scemo del villaggio ma che poi si rivela affidabile e concreto nei sentimenti (se è pazzo, è pazzo d'amore). Giorgio Caoduro è un affascinante Belcore, soldato gradasso e bonariamente prepotente, che fraseggia in modo elegante e risolve bene anche i passaggi alti del registro. Meno convincente il Dulcamara rubizzo e panciuto di Renato Girolami. Di gran lusso la Giannetta di Barbara Bargnesi, spigliata nella recitazione e dalla voce potente e usata in modo egregio. Ottimo il coro preparato da Bruno Casoni, vocalmente e attorialmente.

Efficace la direzione di Donato Renzetti, che segue alla perfezione lo spettacolo teatralissimo di Laurent Pelly: i tempi sono precisi e adatti a tradurre la vivacità e la leggerezza della regia, calcando sulla dolcezza mista a struggimento che aleggia nella partitura, arrivando a commuovere il pubblico.

Teatro esaurito, pubblico divertito e convinto, moltissimi applausi.

Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)