Per la prima volta a Reggio Emilia Les Contes d’Hoffmann di Offenbach, nel felice allestimento di Nicola Berloffa, incanta il poco pubblico presente. Una regia lineare, fedele al libretto, frizzante e divertente quella di Berloffa, che si è avvalso delle scene di Fabio Cherstich. Un’unica stanza ottocentesca in puro stile Biedermeier alsaziano, in cui la vicende prende inizio e si sviluppa; la stanza rimane la stessa ma cambiano gli elementi che la compongono, diventando in seguito osteria di Mastro Luther, laboratorio di Coppelius, casa di Crespel, bordello. Uno splendido colpo d’occhio, in cui gli elementi fanno da cornice importante e necessaria agli eventi: così come l’imponente camino non solo riscalda i presenti ma è il tramite di un mondo sconosciuto e misterioso che aleggia sulle note di Offenbach. Nicola Berloffa riesce con abilità a dare una continuità logica ed espressiva ai tre racconti: prologo ed epilogo appaiono perciò come una felice parentesi che amalgama il tutto. È senza dubbio una regia tradizionale ma che non stanca, anzi fa trascorrere come in un soffio le oltre tre ore di spettacolo, avvolto in un alone di fiaba crepuscolare, tra momenti di leggerezza, di fine ironia e di riflessione sulla fragilità umana. Concludono felicemente questa cornice i costumi di Valeria Donata Bettella, in linea con le scene, e le luci di Luca Antolini che riescono mirabilmente a concentrare lo spettatore su eventi e personaggi.
Il direttore Christopher Franklin, alla guida dell’Orchestra dell’Emilia Romagna, ha felicemente tenuto tempi sostenuti che hanno permesso di rimarcare i colori dell’opera e la sua unità espressiva, riuscendo brillantemente a tenere una costante tensione fino alla fine. Franklin ha elaborato Les Contes d’Hoffmann in base all’ultima edizione critica curata su spartiti e documenti ancora inediti.
Un cast meritevole ha coronato questo allestimento, nonostante la defezione del tenore Berrugi nel ruolo di Hoffmann egregiamente sostituito all’ultimo momento da Marc Laho. Il tenore belga è sciolto e disinvolto, avendo frequentato spesso questo ruolo e convince appieno; nonostante qualche breve incertezza perdonabile, ha rivelato una emissione efficace e senza esagerazioni, coloritura perfetta e piacevole, voce dolce e naturale facile all’acuto. Di Simone Alberghini, nei quattro personaggi demoniaci, c’è poco da aggiungere alla fama che lo precede: efficace e convincente è perfettamente nei ruoli, riuscendo appieno ad approfondire i personaggi sia vocalmente che psicologicamente. Elisa Cenni è una Olympia perfetta sulla scena con una voce che incanta, riesce a produrre un personaggio di buona resa, anche se qualche lieve difetto nei sovracuti potrebbe essere migliorato. Due dei tre personaggi femminili legati ad Hoffmann sono stati interpretati dal soprano Maria Katzarava con voce salda, corposa e con una notevole estensione; forse leggermente grossolana nell’interpretazione scenica, ha però saputo farsi valere nella sua esecuzione vocale molto accattivante. Eterea, forse fin troppo, Violette Polchi nel duplice ruolo della Muse e di Nicklausse: il suo personaggio tende a sparire, ad essere coperto dal resto; la voce c’è ma non riesce a delineare la consistenza dei due personaggi. Disinvolto e brillante il tenore Florian Cafiero in un quadruplice ruolo; dotato di una voce piena, sonora e morbida vocalità. Adeguati e corretti gli altri personaggi che hanno contribuito con le loro doti vocali e attoriali alla buona riuscita di quest’opera: Oreste Cosimo (Cochenille, Nathanaël), Olivier Dejan (Luther, Crespel), Aline Martin (La Voix de la Tombe), Josef Skarka (Hermann, Schlemil), Andrea Bianchi (Wolfram), Alessio Verna (Wilhelm). Non ultimo il Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto dal maestro Corrado Casati, che ha dato un eccellente contributo anche scenico all’allestimento con maestria e disinvoltura.