Prosa
LETTERE A NOUR

Lettere a Nour: interpreti eccellenti per uno spettacolo che arriva direttamente al cuore

Franco Branciaroli
Franco Branciaroli © Serena Pea

Franco Branciaroli lavora per sottrazione, creando un padre dolente e umanissimo, mentre Marina Occhionero, bravissima nel rendere la complessa tavolozza emotiva del suo personaggio, ci regala un’interpretazione di grande intensità.

Il rapporto padre-figlia ribelle è il leitmotiv dell’ultima stagione del Centro Teatrale Bresciano, al punto che ben tre nuove produzioni hanno affrontato questo argomento: Lettere a Nour di Rachide Benzine, interpretato da Franco Branciaroli e Marina Occhionero, per la regia di Giorgio Sangati, chiude infatti l’ideale trilogia iniziata con Avevo un bel pallone rosso e proseguita con Guerra santa.

Solo la vita è sacra

Anche in questo testo è la guerra santa, lo Jihad, protagonista dello scambio epistolare tra Nour, ragazza francese che, dopo aver conosciuto un combattente integralista islamico su internet, decide di raggiungerlo a Falluja per sposarlo e condividerne gli ideali, ed il padre, intellettuale e docente di cultura islamica all’università.



L’amore reciproco rimane una costante nelle lettere tra i due, qualunque sia l’argomento trattato: durante i due lunghi anni della corrispondenza non c’è infatti lettera che non si concluda con una parola d’ affetto o di comprensione per l’altro. Al contrario il tono degli scritti di Nour cambia progressivamente, passando dall’entusiasmo iniziale per la prossima ricostituzione dello Stato islamico alla presa di coscienza dei crimini e delle sopraffazioni compiute dai suoi compagni, primo di tutti il marito. Le sue certezze vengono progressivamente scalfite dalla corrispondenza con il padre che cerca di instillarle il dubbio: “Lo sai bene, mia cara: il contrario della conoscenza non è l’ignoranza, ma la certezza”, e dal toccare con mano una realtà che si rivela ben diversa dalle aspettative. Spartiacque in questo processo è la nascita della figlia, chiamata Jihad, che costringerà Nour a cambiare le sue prospettive, perché, come le scrive il padre: “Non sono l’Islam o il Corano ad essere sacri, ma solo la vita è sacra”.

Sarà quindi il desiderio di proteggere la figlia da quegli orrori a spingerla a compiere il gesto decisivo che permetterà alla piccola Jihad di allontanarsi da Falluja e trasferirsi in Francia sotto la protezione del nonno.


Recitazione misurata, interpreti eccellenti

Sangati ambienta questo dialogo in uno spazio scuro, claustrofobico, dalle pareti ferrigne, dominato da una grande poltrona circondata da libri, sulla quale il padre rimane sempre seduto, a sottolineare l’immobilità e la saldezza delle sue posizioni, mentre Nour spazia sulla scena, mutando d’abito in base all’evoluzione della sua vicenda. La regia attenta e lineare non prevarica mai una recitazione misurata ma coinvolgente, contrappuntata dalle efficaci musiche scritte dal Trio Mothra.

Franco Branciaroli lavora per sottrazione, creando un padre dolente e umanissimo, combattuto tra l’amore per la figlia e la frustrazione che questa situazione gli provoca, mentre Marina Occhionero, bravissima nel rendere la complessa tavolozza emotiva del suo personaggio, ci regala un’interpretazione di grande intensità. Due interpreti eccellenti per uno spettacolo piccolo, raccolto che arriva direttamente al cuore.

Visto il 08-04-2019