Il 18 marzo, nell'ambito della rassegna Theatron 2009 del Teatro dell'Orangerie di Roma, dedicata alle nuove drammaturgie e alla scena non istituzionale, ha debuttato in prima assoluta nazionale Lezioni di astronomia di Maurizio Gianotti e Gustavo Verde, per la regia di Donatella Massimilla.
Lo spettacolo è prodotto dal Centro Europeo Teatro e Carcere che lavora con detenuti ed ex detenuti e si è distinto per la produzione di spettacoli legati al disagio, con attori che hanno sviluppato la loro ricerca artistica dentro e fuori le carceri.
Lezioni di astronomia affronta stavolta la diversità della malattia mentale, la sindrome di Asperger, un tipo di autismo caratterizzato dalla difficoltà nelle relazioni sociali piuttosto che da un'alterazione della percezione del mondo.
La storia, molto semplice, racconta dell'incontro tra Elisa, affetta appunto dalla sindrome, e Abu, un vicino di casa africano, e della corte discreta ma decisa che il ragazzo le fa, prima fraintendendo le sue risposte per un particolare senso dell'umorismo (Elisa prende tutto alla lettera compresi i giochi di parole e i modi di dire), per rendersi conto poi che c'è qualcosa che non va in lei, senza riuscire a comprendere cosa. Eppure ne rimane attratto inesorabilmente, come la luce dai buchi neri. Elisa è appassionata di astronomia e ripete numeri (la serie di Fibonacci) e nomi di stelle con una costante fissazione che lascia Abu esausto ogni volta che il ragazzo tenta di avvicinarla o di toccarla, per una carezza, un abbraccio. Eppure Lisa ha convissuto sei mesi con un ragazzo di indole violenta al quale si è sessualmente concessa... Proprio grazie alla passione per l'astronomia, Abu troverà comunque il modo per avvicinarsi a Elisa a entrare nel suo mondo...
Lo spettacolo sorprende per la bravura di Gilberta Crispino che riesce a restituire i sintomi della sindrome di Aperger con una spontaneità impeccabile scevra da luoghi comuni e da manierismi recitativi. Bravo anche Abou Tourè Bakary che recita un testo in una lingua non sua, mentre di Armando Tatafiore anche per la brevità della sua parte possiamo solo dire che possiede le phisique du rôle.
Il testo è interessante perché presenta un personaggio con problemi psichici senza farne una vittima (Elisa è cosciente di sé, è lei a informare Abu della sindrome di cui soffre), ma manca completamente il suo scopo, almeno quello dichiarato nelle note di regia, confrontare la diversità di Eliaa con quella di Abu e quella del ragazzo violento e sessuomane.
Mentre il personaggio di Elisa è infatti sviluppato pienamente compresi alcuni trascorsi biografici (un rapporto sofferto col padre che la considera pazza e non le riconosce fissazioni e manie come quella per il collezionismo) e reazioni emotive che ci vengono mostrate in tutta la loro dirompenza, come Elisa le vive sulla propria pelle, i due personaggi maschili sono poco più che bozzetti.
Abu è un ragazzo immigrato che cerca in tutti i modi di integrarsi (a cominciare dai modi di dire perfettamente italiani che usa con Elisa per sdrammatizzare e fare battute) e che, al di là dello specifico della sua persona, non sembra portare con sé una cultura altra. La reazione che ha nei confronti di Elisa (quando lei, dopo avergli detto della sindrome, gli chiede se ne ha paura) è quella di qualunque ragazzo europeo, non ci sono punti di vista differenti, di una cultura differente, di reazioni differenti, pratiche sociali e valori differenti. L'unico modo che il testo trova per presentare la diversità di Abu è attraverso la sua lingua, dalle spiccate sonorità e molto bella da ascoltare, ma le canzoni che Abu canta solleticano più il gusto esotico dello spettatore che costituire l'occasione per un incontro con un'altra cultura.
Anche il personaggio interpretato da Armando Tatafiore, che adora le donne che non amano i preliminari e la possiede senza nemmeno togliersi i vestiti, viene presentato come semplice mascalzone che, se non si è ingenui come Elisa, si può facilmente evitare, invece di mostrarlo per quello che è: una persona che ha seri problemi psichici proprio come Elisa, se non di più.
E' evidente che gli autori privilegiano il personaggio di Elisa come se l'unica vera diversa sia lei.
Alcune felici intuizioni del testo, la scienza come linguaggio universale, unico grimaldello col quale Abu riesce ad avvicinarsi a Elisa la consapevolezza con la quale Elisa vive la propria diversità, che potevano germinare in risvolti drammaturgicamente interessanti se oculatamente sviluppati, rimangono invece timidi abbozzi. Anche il coté scientifico pesca più dall'immaginario collettivo dello spettatore medio occidentale (Fibonacci è conosciuto grazie al best seller <>Il codice da Vinci>/i>) e non sembra mosso da una vera cultura scientifica, un po poco per presentare lo spettacolo sotto l'egida dell'anno internazionale dell'Astronomia...
Lezioni di Astronomia deve dunque molto ai suoi interpreti che da soli sono capaci di sostenere un testo a tratti velleitario (e con qualche lungaggine) ma che ha il pregio di non essere mai retorico ma anzi intellettualmente onesto, e va visto perché dimostra, nonostante i limiti di un testo non pienamente risolto, l'imprescindibile necessità del Teatro, che qualcuno oggi criminalmente (Baricco docet) vorrebbe far sparire.
Roma, Teatro l'Orangerie, dal 18 al 22 marzo 2009
Visto il
al
Teatro Elfo Puccini - sala Fassbinder
di Milano
(MI)