Prosa
L'INGANNO

Eccellente "Inganno"

Eccellente "Inganno"

L’INGANNO, tratto da Sleuth (Il segugio) di Anthony Shaffer, è un raffinato e grottesco thriller psicologico giocato sul contrasto tra verità e menzogna. Scritto nel 1969, i vari adattamenti ne hanno confermato e conclamato il gradimento di un vastissimo pubblico, da Londra nel 1970, a Broadway. Il motivo di tanto gradimento? Shaffer mette in mostra nel testo tutta la sua abilità di sceneggiatore di gialli, ma c’è qualcosa di più: ironia, dramma, gioco, comicità e colpi di scena, che Glauco Mauri regista ha assecondato ed esaltato. In scena un gioco dialettico tra un famoso scrittore di gialli e il giovane amante della moglie frivola e vanesia. La storia si basa su un gioco di inganni, di orgoglio, di vendetta, di due uomini per il possesso di una donna, ma non solo. Un gioco di investigazione, di doppi, di cinico umorismo, sul filo del mistero, della falsità, delle bugie. Il rapporto tra Andrew e Milo è grottesco, alla risata si risponde con un graffio, al graffio con la tenerezza, l’emozione. I due giocano a ingannarsi, a ferirsi in un duello serrato ed aspro che spinge a cercare la “verità”. Ma la farsa che umilia le debolezze dell’uomo si tramuta in un dramma dove l’uomo rimane vittima di se stesso. Un gioco all’ultimo sangue tra un famoso e ricco scrittore di gialli, chiuso nella sua casa dai mille trabocchetti, e l’amante della sua frivola moglie. Un gioco per la vittoria della mente più astuta.
Andrew Wyke e Milo Tindle sono diversi. Milo ha fatto della sua difficile esistenza una lotta con il desiderio di rivincita sociale; Andrew della sua ne ha fatto invece un continuo gioco di fantasia per sfuggire alla stupida noia della vita. Ma alla fine finiranno per scambiarsi i ruoli: ognuno sarà vittima e carnefice. Il gioco termina con lo sghignazzo di un pupazzo meccanico che inerte ha assistito alla scena e che ci dice, lui senza anima, quanto pazzi siano gli uomini che giocano a ingannarsi e a farsi del male.
L’eccellenza di questo lavoro nonché sigillo della Compagnia e del suo artefice sta nella scrupolosa competenza della fase drammaturgica, nella raffinata elaborazione degli apparati scenici, nell’intensità della regia dove si fondono le esigenze dell’intelletto e dell’emozione, e nella creatività sempre nuova e ponderata della recitazione di Glauco Mauri e Roberto Sturno, partner puntuale e duttile di un sodalizio lungo trent’anni .
Nell’incerto corso attuale del teatro, l’attenzione di Mauri per i grandi testi del passato classico e delle epoche più recenti indica una coraggiosa strada per la sopravvivenza stessa del teatro.

Visto il 31-10-2010
al Dehon di Bologna (BO)