La razionalità pura e tagliente portata all’estremo.
Nella sua applicazione alla realtà umana quella si rovescia o naturalmente muta, svelando la follia che sottende. Una questione, questa, su cui Antony Shaffer, tra gli altri, ha posto la sua attenzione vestendo la sua indagine dei colori del giallo psicologico.
Glauco Mauri, con la sua interpretazione magistrale e un’ineccepibile regia, ha reso vita a questa verità umana.
Ciò che è stato in scena sabato 17 aprile al Teatro Verdi di Padova titolava “Inganno”, ma la traduzione dall’originale “Sleuth” non rende la bellezza e il senso di ciò che realmente accade. Al di là, infatti, della ripetizione del dramma psicologico che calca la scena, l’interpretazione registica del Maestro mira a rendere, nell’interazione organica delle parti dello spettacolo, il vero senso del nome Sleuth. Se l’inganno è il leit motive del gioco dei protagonisti, quella dell’investigatore e del segugio (termini che delineano l’area semantica del termine inglese) è la chiave di lettura dello spettacolo, il velo attraverso cui intravedere la sua verità.
Mauri chiama il pubblico di fronte a questo velo e ne tiene concentrata l’attenzione. Le scene di Giuliano Spinelli, le musiche Germano Mazzocchetti e il gioco dei costumi tessono la tela che ricopre l’atto. La trama di quest’ultima rende un progetto di interazione organica e multimediale un successo. Davanti allo spettatore una strada interpretativa sul panorama del dubbio. Non tanto ciò che si dice ma ciò che accade nei minimi particolari, mantiene vivo il dubbio: le minime interazioni delle scene con i personaggi, i movimenti di quest’ultimi sulla scena e ciò che essi comandano alla scenografia tramite un telecomando, fanno capire che malgrado il suo aspetto da “teatro di parola” tutto quello che accade in scena di fondamentale sia in realtà pura azione.
Tutto e il suo contrario insomma in una costante tensione tra verità e inganno in cui l’unico protagonista interpretativo non può che essere l’investigatore.
Il giallo non è rappresentato: vive.
La tensione e il paradosso ancora una volta si mostrano, nel meraviglioso vestito fornitogli dalla collaborazione Shaffer-Mauri, la vera anima dell’opera d’arte contemporanea, forse l’unica istanza trascendentale possibile oggi per essa.
Visto il
17-04-2010
al
Verdi
di Padova
(PD)