Classica
L'INGANNO

Macerata, auditorium San Paol…

Macerata, auditorium San Paol…
Macerata, auditorium San Paolo, “L'inganno” di Philippe Daverio LE BUIE RADICI DELL'INGANNO Come già l'anno scorso, Philippe Daverio ha introdotto il tema della stagione, partendo dall'etimologia di inganno. Non ravvisando nessuna etimologia latina, si può partire da “eingang” (ingresso) in tedesco: nel senso che tu fai entrare i soldi nelle banche tedesche, le quali li passano agli americani e tu perdi così i soldi. L'idea di inganno è ben chiara in un racconto di Rabelais: Pantagruel ha una moneta d'oro in tasca e una fetta di pane, se la mangia davanti a una rosticceria inebriato dal profumo di arrosto, cosicchè il negoziante vuole essere pagato per il profumo; allora Pantagruel fa volare verso l'alto la moneta e gli dice: “io mi sono saziato con il profumo dell'arrosto, tu sei stato pagato dalla visione della moneta d'oro”. Secondo Borges ogni racconto e ogni romanzo partono da due archetipi: un uomo che fa un giro lunghissimo per tornare dalla moglie (Ulisse) e un agitatore palestinese ucciso sotto il regno di Tiberio (Gesù). Nel primo l'inganno è il cavallo di Troia, nel secondo il comportamento di Giuda. Il cavallo di Troia è esemplare perchè ha i due elementi che costituiscono l'inganno: nasconde ciò che contiene e per raggiungere lo scopo si deve entrare dentro (ancora “eingang” che ritorna). Infatti l'inganno funziona sempre grazie a due meccanismi: una cosa che non è e la lusinga per far passare una cosa che non è. Il percorso linguistico delle parole è bizzarro. Ad esempio in tutta Europa “vino” si dice più o meno nello stesso modo, perchè deriva dal latino e al tempo di Adriano ci fu un tentativo di globalizzazione enogastronomica, uniformando le bevande (il vino, appunto) in tutte le stazioni di posta, fino al Vallo. Invece “pane” ha diversi etimi (nelle lingue germaniche-anglosassoni è legato al forno); così succede anche per “bello” e “inganno”. Inganno in tedesco è fra “fregare” e “vertigini”, mentre in inglese to cheat ha origine dal tradimento sessuale, dai comportamenti dell'epoca vittoriana. I francesi lo fanno derivare da “scadere” ed usano ancora oggi spessissimo l'espressione “mi ha trombato”, nel senso “mi ha suonato come una tromba per cui io non ho capito più nulla”. Tra gli esempi citati da Daverio alcuni versi di La Fontaine, Bossuet e La Rochefoucault. Un etimo possibile della parola “inganno” è in epoca tardo-latina, intorno al V secolo, da un suffisso tedesco antico evolutosi nel tedesco moderno: GAMEN, da cui derivano gauner tedesco (ladruncolo, lazzarone) e l'inglese “game”, gioco e anche caccia. Il barocco entra il politica con la trasmigrazione del concetto di lusinga. E dal francese rientra in Italia il concetto di “essere trombato” con il “trompe”, per l'esattezza il “trompe l'oil”, l'inganno per cui si crede a un altro mondo completamente inventato. “L'inganno è un percorso barocco”: nel barocco tutto va nella direzione dell'inganno, come nelle scenografie dei Bibiena. Un ruolo particolare l'inganno ha in Spagna, perchè fa parte fino in fondo del barocchismo ispanico: spostiamo i punti di vista, niente è accertabile, tutto va discusso (trasferire all'oggi la maieutica greca). Invece nella cultura italiana il concetto di inganno si forma con la necessità di convincere qualcuno con le parole. Infatti l'inganno richiede un “introduttore”, la figura storica dell'adulatore (ben codificata da Giovenale). La vera adulazione nasce come “decorazione floreale” dal punto di vista terminologico. In tedesco e in inglese: per ingannarti ti porto in una direzione attirandoti con una decorazione floreale (anche “flirt” deriva da “mettere i fiori”). Don Giovanni è figlio di un'invenzione estetica, che si forma nel cuore del barocco: la scrittura di Lope de Vega è l'ultima opera barocca. Il modo contemporaneo di concepire il mondo si fonda su Don Giovanni, sul Flauto Magico e sul Faust di Goethe. Don Giovanni è la rappresentazione della vita nel Settecento, quando si usciva di casa al mattino e non si sapeva se si fosse ancora in vita la sera; l'incertezza come dato saliente del quotidiano; l'improbabilità come dato oggettivo del vivere. Don Giovanni è come un collezionista di quadri di Morandi, mai sazio: ma questa è la parte caricaturale del personaggio, egli non è un insoddisfatto, quanto un perfetto rappresentante di quella società senza speranze e caleidoscopica che vive di flirt continui, di momenti protoromantici, non di amori. Ed il finale catastrofico non è sotteso dall'inizio, quanto è un evento improvviso. Invece il Flauto Magico è l'opposto, perchè dà una vera risposta, esiste un rito iniziatico, che porta al riscatto neo-umanista dell'illuminista evoluto. Il Faust di Goethe, infine, è la risposta illuminista vera, nel momento del contatto col diavolo: “allora potrai suonare la campana della morte, quando io avrò scoperto il bello”. Faust, avendo scoperto il bello, vuole fermare il tempo, farlo durare in eterno: è l'opposto di Don Giovanni. Visto a Macerata, auditorium San Paolo, il 23 luglio 2009 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Italia di Macerata (MC)