Vincitore di ben due premi Premi UBU, per la precisione quello riconosciuto al migliore spettacolo e quello consegnato al migliore attore, “L'ingegner Gadda va alla guerra”, traendo ispirazione da alcuni scritti del controverso autore lombardo, offre una stimolante e attuale riflessione sull’Italia, sugli italiani e sulla loro storia, uno spettacolo che sembra quasi un monito che voglia ricordarci quanto gli italiani, trinariciuti dalla ubris e dal proselitismo talamico del primo caudillo affetto da satiriasi di passaggio, siano dei proto-lemmings, “troppo acquiescenti al male” ed ineluttabilmente destinati a sprofondare nella palude dell’indolenza di un “secolo oramai fuori dai cardini."
Infatti la pièce accosta con grande intelligenza “Il giornale di guerra e prigionia”, un diario redatto durante la Grande Guerra quando Gadda partì per arruolarsi volontario, ed “Eros e Priapo”, scritto-referto sulla psicopatologia omoerotica e sul repertorio mitografico fascista, in cui l’autore, dopo aver evocato "le cosce, i calzoncini corti, i bei deretani mantegneschi", scrive "Amo il Mantegna degli Eremitani e ammiro il suo crudele vigore (pittorico) e i suoi esecutori di giustizia, ma non provocherei una guerra per procurarmi la soddisfazione sadica e omoerotica di buttarvi a morire i figli di quelle... a cui si è largito il premio nuziale perché facessero figli". Lo spettacolo si presenta come una sorta di pamphlet per la scena, un pamphlet reso folgorante, compatto, veloce grazie all’impeccabile direzione registica di Giuseppe Bertolucci; Fabrizio Gifuni, una sorta di Drogo malmostoso, è di iperbolica bravura nel suo strologare e nel restituire l’articolata e complessa prosa gaddiana con la naturalezza che fa emergere in maniera significativa la viscerale urgenza espressiva e la vocazione, al tempo stesso sentimentale e razionale, propria dell’esperienza creativa di Gadda.
Il singolare pastiche linguistico della satira corrosiva dell’autore del pasticciaccio si accorda perfettamente all’incalzante ingranaggio drammaturgico dell’operazione scenica: dal grammelot elevato e prezioso dell’autore deriva suggestivamente un pendant scenico architettato alla stregua di un labirinto catottrico di rimandi ossessivi ed ombre impenetrabili, una dimensione al tempo stesso realistica ed allucinata in cui è possibile dipanare e seguire il fil rouge che unisce il palcoscenico al pubblico, Gadda ad Amleto, il Duce al Priapo sibarita dei nostri tristi giorni, giorni in cui, sembra suggerirci l’acuta regia di Bertolucci, non possiamo che confidare in una ancora fumosa democrazia del futuro, ben diversa dalla presente dittatura di maggioranze servili e di piccoli cortigiani turiferari, “vil razza dannata”, che corrompono la politica inchinandosi al potere del denaro.
Extra
L'INGEGNER GADDA VA ALLA GUERRA
LA SOTTILE LINEA, ROSSA
Visto il
11-10-2011
al
Vascello
di Roma
(RM)