C'è spazio al Mittelfest 2021 anche per Lino Guanciale, attore molto amato dalle platee televisive. Dalla più che solida formazione accademica però – a Roma nel 2003 ottenne il Premio Gassman come miglior allievo dell'Accademia Silvio D'Amico - e con alle spalle un lungo training teatrale con registi d'eccellenza come Longhi, Branciaroli, Ronconi e Popolizio. E che, al di là della popolarità ottenuta con il piccolo schermo, che ne ha fatto un beniamino dei telespettatori - non intende certo abbandonare le tavole del palcoscenico.
Europeana, cui abbiamo assistito nella spoglia Chiesa di San Francesco, è uno spettacolo tutto suo – drammaturgia, regia e interpretazione - basato sull'omonimo libro (sotto titolo Breve storia del XX secolo) dello scrittore praghese di nascita, parigino d'adozione Patrik Ouředník ripubblicato nel 2017 da Quodlibet con una nuova traduzione dopo un'uscita – il libro è del 2001, le edizioni Due Punti di Palermo lo pubblicarono in Italia quattro anni dopo - passata quasi sotto silenzio. Testo bizzarro ed insolito, in cui si dipana una breve storia dell'Europa sui generis, caustica ed ironica, e dall'andamento zigzagante.
L'anarchia applicata alla Storia
Senza considerazioni sociali, filosofiche o storiche, senza una cronologia né una disposizione prefissata, Europeana è basata solo su un'anarchica quantità di dati e date esposti. Tragedie d'ogni genere, progressi scientifici ed invenzioni (tra le cose che hanno cambiato la nostra vita non ci sono solo la penicillina ed i vaccini, ma anche la TV, il frigorifero, la lavatrice, Barbie e...il reggiseno), eventi politici, conflitti e trattati di pace, fatti di costume, e strani calcoli. Come quello di quanto spazio lineare occuperebbero, messe una appresso l'altra, le salme dei soldati morti nella Grande Guerra, divisi per nazione. Tutte cose offerte alla rinfusa, a brandelli, come ritagli di stampa tratti da un archivio, in un vortice impazzito.
Testo senza virgole, narrazione senza un narratore
Un testo dai tratti schizoidi, dunque, senza gerarchie, stilato da Ouředník in maniera volutamente impersonale – fra l'altro senza virgole, e con un uso di infine congiunzioni “e”- che a prima vista sembrerebbe assolutamente irrappresentabile. Nondimeno, la sfida è stata raccolta dall'attore abruzzese, affrontata con grande intelligenza e vinta in pieno. L'ingarbugliata matassa del testo viene sbrogliata grazie ad un oculato pescaggio nelle righe del libro, e grazie ad una lettura/recitazione serrata, sciolta, esaltata, con tempi scenici ben scanditi, sfruttando solo un piccolo armamentario di oggetti iconici in scena. E collocando nel travolgente fluire di parole gli adeguati spazi di pausa.
Un funambolico strumento per spalla
Per dare maggiore significato a quei necessari momenti di respiro – per l'attore che deve tirare il fiato, ma anche per lo spettatore stravolto dal fiume di postille - Guanciale si è messo accanto una spalla formidabile: quella del fisarmonicista sloveno Marko Hatlak, funambolico esecutore in grado di esplorare un universo musicale senza confini, che da Bach e dal jazz sconfina nel pop e nelle avanguardie. Arruolato qui per elaborare un commento sonoro fortemente emotivo e trascinante, che riesce a sottolineare in musica, in perfetto accordo, quanto viene proposto in parole.