In esclusiva italiana, il Teatro Mercadante ha ospitato, presso la magnifica sala del Teatro San Carlo di Napoli, la compagnia del Teatro Alexandrinsky di San Pietroburgo e la messa in scena di Liturgia Zero; un adattamento teatrale di Alexander Zavyalov e Valery Fokin (quest’ultimo curatore anche della regia) del notissimo romanzo di Fëdor Dostoevskij, Il giocatore.
L’opera che, così com’è noto, fu scritta in ventotto giorni per far fronte ai debiti contratti al tavolo da gioco dall’autore russo, trovò ispirazione nell’ossessione che lo stesso aveva per il gioco d’azzardo e nella conseguente riflessione sulla natura nichilista del giocatore. Fokin, giungendo in pieno al cuore dell’opera, erge materialmente, su questi concetti, un altare (una gigantesca roulettes, intorno alla quale ruotano le poltrone su cui seggono i personaggi) intorno al quale gravita una sorta di rito atto all’annullamento dell’individuo.
Il gioco d’azzardo diviene così una liturgia nichilista (da cui il titolo stesso) tesa al raggiungimento, attraverso la vincita (che deve essere totale come quella ottenuta puntando sul numero zero), della liberazione dell’individuo dalle costrizioni materiali e psicologiche della vita sociale. Ed è così che il protagonista, Aleksej Ivànovic, urlando che “il danaro è tutto”, afferma il suo demone e trova la catarsi nell’immagine finale della piecè. Un bambino (verosimilmente il protagonista da infante) seduto in camicia da notte, attraversa la scena, cantando un nenia infantile.
Un ritorno alla purezza dell’individuo, plausibile riferimento a quell’infanzia oltre la quale, così come nella lettura che Freud diede dell’ossessione patologica per il gioco di Dostoevskij, l’inadeguatezza nei confronti delle aspettative paterne condussero lo scrittore russo all’inconscia ricerca dell’espiazione attraverso l’affermazione del proprio fallimento (ritrovato in ogni perdita di denaro avuta al tavolo verde). Un cifra autoriale che segna l’epilogo con un ottimismo del tutto estraneo all’opera originaria e, più in generale, all’indole creativa dello scrittore moscovita.
Un adattamento da un testo letterario che, così come dalla maggior parte dei casi, seppur si riveli ostico e poco fruibile (il racconto originale è stato così tanto rimaneggiato da perdersi quasi totalmente), dimostra con immediatezza, grazie anche alle magnifiche qualità attoriche della compagnia, una profonda ispirazione nella messa in scena.