Milano, teatro degli Arcimbol…

Milano, teatro degli Arcimbol…
Milano, teatro degli Arcimboldi, Lo Schiaccianoci, coreografia Rudolph Nureyev UN VIAGGIO CHIAMATO AMORE Nello Schiaccianoci il primo atto si svolge nel salone della casa dei genitori di Clara, un ambiente realistico, mentre tutto il secondo atto scorre tra scenari di ambiente onirico, irreale: la ben nota dicotomia tra i due atti messa in pratica con successo dai tempi del Romanticismo, anche se in questo balletto alla fine si torna alla realtà, quando Clara si risveglia con il suo schiaccianoci tra le braccia. Questo capolavoro firmato da Nureyev, su scene e costumi di Nicholas Georgiadis, fu presentato per la prima volta alla Scala nel 1969 ed è tale proprio per il perfetto equilibrio tra tradizione e modernità, recuperando la traccia dello spettacolo che debuttò a San Pietroburgo nel 1892, ma affermando al tempo stesso la necessità psicologica di una sua reinvenzione e restituendo al balletto una dimensione adulta, onirica, quasi freudiana. Nureyev volle conferire al sogno di Clara la dimensione di un viaggio: il viaggio di una adolescente che diventa donna, spingendo sulla introspezione psicologica e sociologica della protagonista. Clara non cerca più il Regno della Fata Confetto, ma il Regno dell’Amore. Il passaggio non è sempre privo di ostacoli, in sogno Clara vede alcuni pipistrelli con il volto e le sembianze di parenti e genitori, l’incubo passa in fretta ma è un segnale. I topi (che mantengono fede alla loro natura animale, vispi e pruriginosi portatori di un incubo) le strappano il vestitino celeste lasciandola in sottoveste, lei li combatte scagliando loro contro le sue bambole preferite, altri segni della crescita della protagonista. Lo stile adottato da Nureyev è teatrale, come è ben visibile nel primo atto, con le casalinghe celebrazioni del Natale, caratterizzate da una notevole ironia (particolarmente comico è il minuetto dei nonni). Il valzer dei fiocchi di neve del primo atto celebra l’incanto di una nevicata di innocente bellezza, mentre nel secondo atto il valzer dei fiori ha una coreografia a forma di corolla, che si apre e si chiude. Poi un ampio spaccato di danze di carattere. Quattro coppie spagnole vestite di rosso incedono vigorose come l’assolo di trombe della partitura, alleggerita dall’utilizzo delle nacchere. I ballerini arabi scivolano in un passo a due davanti all’indifferenza di un prepotente sultano che toglie loro il cibo, la musica suonata sulle mezze tinte crea l’atmosfera intima per la giovane coppia, gli archi sono in sordina, accompagnati da un leggero fremito del tamburo, fino all’ironica conclusione, quando i due rubano la borsa dei soldi al sultano. Poi dieci coppie russe allegramente ballano sulla musica vivace e popolaresca, mentre sul pizzicato degli archi e sull’ottavino si esibiscono divertiti tre cinesi. Infine tre danzatori in costume del Settecento in una pastorale. Ciò che però più di tutto lega la coreografia del balletto alla nuova impostazione drammatica di Nureyev sono i tre passi a due riservati a Clara e al Principe, un tessuto coreografico che spiega la vera natura del sogno di Clara e lo rende evidente. Il primo passo a due non sembra neppure tale: i due danzano uno accanto all’altra e a Clara non è riservata nessuna prodezza tecnica, poiché esegue dei semplici movimenti, da bambina, appunto. Il sogno (come il viaggio) è all’inizio. Nel secondo passo a due i due protagonisti sono più vicini e affiatati, poiché il viaggio è ormai cominciato: Clara viene sollevata dalle braccia del Principe, sembra che voli, disegna con le braccia nell’aria la sua felicità. Nel terzo passo a due le posizioni sono all’inizio equilibrate, ma i due non sono equivalenti: le prese aeree terminano con pose spettacolari, come se la ballerina fosse una farfalla posata sul ballerino, o, piuttosto, un’adolescente pronta a spiccare il volo dalle salde spalle del Principe, verso un viaggio affascinante, assolutamente emozionante. Un viaggio chiamato amore. Assolutamente sublime nel ruolo del Principe Roberto Bolle, con la sua forte corporeità unita ad una leggerissima presenza, che gli consente di essere sul palco sempre con incredibile maestria: il suo sorriso disarmante ha strappato consensi da stadio al pubblico. Perfetti accanto a lui Eleonora Abbagnato, prima ballerina dell’Opera parigina, ed il corpo di ballo del Teatro alla Scala, diretto da Frédéric Olivieri. L’orchestra della Scala è stata impeccabilmente diretta dall’israeliano Nir Kabaretti. Nelle repliche si alterneranno nel ruolo del Principe Massimo Murru e Maximiliano Guerra. FRANCESCO RAPACCIONI Visto a Milano, teatro degli Arcimboldi, il 18 dicembre 2004, repliche fino al 5 gennaio 2005.