Il vero dramma per l’essere umano non consiste spesso nel dover affrontare situazioni di immane quanto momentanea tragicità, bensì nello scontrarsi ogni giorno con la propria quotidianità, banale, logorante, deprimente e, in ultima analisi, stremante. Tennessee Williams getta uno sguardo acuto, al contempo onirico e realistico, su uno spaccato di vita borghese americana degli anni Quaranta del secolo scorso; i dialoghi risultano incisivi, a tratti stranianti, ma sempre illuminanti, un vero capolavoro di introspezione e lucida consapevolezza di quella che è la natura umana e della sua complessità, sapientemente in equilibrio fra il registro tragico e quello comico.
Una madre logorroica, al contempo ansiotica e ansiogena, che vive in bilico fra un passato di ragazza corteggiata e affascinante, naufragato in un matrimonio fallito, e le proprie aspettative irrealistiche di un futuro roseo per i figli, una ragazza fragile, ipersensibile, irrimediabilmente chiusa in un mondo isolato fatto di piccoli animali di vetro e il di lei fratello, frustrato, intimamente ribelle, iroso verso la madre da cui si sente schiacciato, dedito all’alcol come unica via di fuga dalla realtà, si muovono all’interno di un appartamento povero, dotato di un mobilio essenziale e spartano, specchio delle difficoltà economiche che la famiglia attraversa. Per un attimo l’arrivo di Jim dal mondo esterno parrebbe gettare un raggio di luce sull’intima disperazione di tre vite ormai cristallizzate nei propri dolori, ma è una speranza vana e la delusione risulta quanto mai cocente.
Milvia Marigliano ha delineato un’Amanda davvero sublime, dalla loquela nervosa, totalmente immersa nel proprio irrisolto passato, affettuosa, ma al contempo soffocante e ammorbante coi figli, una figura che domina la scena così come tenta di dominare la vita altrui. Di eccezionale spessore anche il Tom di Arturo Cirillo, un figlio ormai cresciuto, ma ancora costretto a vivere nella casa della propria infanzia, dotato di un tagliente umorismo che facilmente si indirizza verso il sarcasmo, fragile di nervi e con un grande sogno di evasione nel cassetto. La Laura di Monica Piseddu è un misto di dolcezza e passività, che ha come unici sfoghi la propria collezione di animali di vetro e l’ascolto di vecchi dischi che fanno da sottofondo sonoro all’intero spettacolo, una figura che ispira al contempo pietà e tenerezza. A Edoardo Ribatto spetta, invece, il compito di rappresentare l’ingresso della realtà esterna in questo dramma “a circuito chiuso” e lo fa nei panni di un Jim simpaticamente sicuro di sé, lineare nella propria psicologia, ma non insensibile al fascino che promana dall’interiorità di Laura.
Imperdibile.