Prosa
LO ZOO DI VETRO

Lo zoo in barca

Lo zoo in barca
San Severino Marche (MC), teatro Feronia, “Lo zoo di vetro” di Tennessee Williams LO ZOO IN BARCA Jurij Ferrini ci ha abituato, in questi anni, a un lavoro di ricerca di grande impegno, che evita i formalismi e i facili effetti, partendo da un lavoro di indagine analitica sui testi (in genere classici) e da una solida preparazione con gli attori. In Zoo di vetro enuclea lo snodo del testo, cioè la patologia familiare, e dispiega efficacemente i caratteri dei protagonisti: la madre Amanda, aggrappata ai passati presunti fasti della sua giovinezza nel sud; la figlia Laura, zoppa e timida in modo patologico, che vive in casa in un modo di fragili figurine di vetro e suona vecchi dischi al grammofono; il figlio Tom, disadattato, mai soddisfatto, in attesa dell'occasione per fuggire lontano, come già aveva fatto il padre abbandonandoli (di lui resta solo un ritratto a matita). Calzante è l'idea scenografica di ambientare il dramma sulla tolda di una nave, una prua verso l'ignoto, il nulla. Il protagonista Tom è diventato marinaio e, nelle lunghe notti in navigazione, ripensa alla sua vita passata, tanto che spesso assiste ai dialoghi delle due donne seduto a terra in proscenio, come da fuori, come un ricordo: “Il tempo è la maggiore distanza”. Ecco allora spuntare dal mare, arrampicandosi sulla sponda della barca, la mamma e la sorella, naufraghe dal viaggio della vita. Sulla barca casse di legno, rumore di mare, grida di gabbiani. “La verità sotto il piacevole travestimento dell'illusione”: nel dramma centrale è l'incapacità di affrontare la realtà, di vivere la propria vita, ingannando sé stessi e gli altri. Per Ferrini predomina un senso di sospensione dal tempo e dallo spazio, come se la vicenda fosse quasi il frutto di una allucinazione. Allo scopo appaiono perfetti i costumi, volutamente particolarmente dimessi. Il plot è mantenuto: Amanda riversa i sogni e le ambizioni sui figli, ma Laura vive solo per i suoi animaletti di vetro, con cui parla e di cui immagina una vita autonoma, mentre Tom vive solo in attesa di andarsene da qualche altra parte, verso un altrove qualsiasi. Amanda: “Viviamo in tempi così calamitosi che non ci resta altro che aiutarci a vicenda”; e ancora: “Il futuro diventa presente, il presente passato e il passato un eterno rimpianto”. Ferrini riesce, nella gestualità e nella drammaturgia, a rendere la vicenda particolarmente struggente e lacerante, con una tale intensità che le due ore filate di spettacolo scorrono via in un attimo, senza nessun cedimento di tensione emotiva. Affiatati e bravi i protagonisti. Aurora Peres è Laura, fanciulla spaurita, che si trastulla coi gingilli di vetro e i vecchi dischi, apparendo bizzarra agli estranei (ma “le persone diverse dagli altri sono speciali”). Alessandra Frabetti è Amanda, l'energica madre, logorroica e dispotica, che parla di charme nella miseria più totale, vestita di un grembiule sformato, calze di lana arrotolate alla caviglia, scarpe logore e per ricevere ospiti indossa un abito lungo completamente fuori moda, tanto da sembrare mascherata. Jurij Ferrini riserva per sé il doppio ruolo di Tom (“figlio bastardo di un bastardo”) e Jim, il visitatore, l'ospite (un bravo giovanotto del magazzino): la madre impone al figlio di trovare un fidanzato per la sorella, di presentarle un amico e così Tom “diventa” Jim, il fidanzato ideale, il ragazzo di cui Laura si era un tempo invaghita al liceo, insomma la proiezione di un desiderio. Forse è questa la ragione di sostenere il doppio ruolo, ma la scelta non ci ha convinto fino in fondo. Tom è un sognatore, forse un egoista. Ma l'unico che sopravvive. E il finale è straziante, lacerante: Tom solo sulla prua, guarda verso l'orizzonte vuoto e buio, musica struggente. I ricordi non bastano a salvarci. Visto a San Severino Marche (MC), teatro Feronia, il 12 dicembre 2009 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Don Bosco di Rivoli (TO)