Uno spettacolo fresco, arguto, frizzante, a tratti effervescente quello che Andrea Cigni propone al pubblico del Regio per il secondo titolo della stagione lirica parmense, L'occasione fa il ladro di Gioachino Rossini. Una valigia, cuore e motore dell'azione, campeggia al centro della scena: su di essa i protagonisti salgono, attorno a essa e grazie a essa ricreano gli spazi e le situazioni richieste dal libretto. La definitiva apertura di questo scrigno gigantesco determina la generazione di un ambiente domestico sul cui pavimento campeggia, solenne e ironica, una enorme testa di volpe; sul fondo un tavolo, creato utilizzando due cavalletti, viene via via imbandito con ogni tipo di leccornie da due zelanti camerieri. I protagonisti indossano abiti sgargianti stile inizi Novecento, di taglio quasi circense, a metà fra le maschere della commedia dell'arte e certi personaggi che troviamo nei dipinti di Botero, e come tali si muovono, sempre scevri però da futili macchiettismi di maniera.
Giovani o giovanissimi tutti gli interpreti provenienti dalla Scuola di Canto del Conservatorio di Musica Arrigo Boito di Parma. Nao Yokomae, già impegnata ne La cambiale di matrimonio di due anni fa, ci è parsa cantare con un mordente leggermente inferiore rispetto al 2014: la sua Berenice è corretta, le agilità sono fluide, ma la coloratura sembra aver perso un poco di smalto e qualche acuto risulta vagamente forzato. Stessa cosa per il Conte Alberto di Lorenzo Caltagirone che, nel confronto con la produzione precedente, dà l'impressione che in qualche punto la tecnica possa risultare perfettibile, a fronte comunque di una vocalità che permane fresca e piacevole. Per la prima volta sul palcoscenico del Regio, invece, tutti gli altri. Molto buona l'Ernestina di Marta Di Stefano che brilla per naturalezza di emissione e per spigliatezza del gesto. Veste i panni di un buffo e astuto Don Parmenione Jaehong Jung che evidenzia una linea di canto tutto sommato coerente e, nonostante una carriera agli inizi, una buona padronanza del palcoscenico. Esilarante il Don Eusebio di Alessandro Vannucci, costantemente alle prese con ostacoli che gli impediscono di avanzare con la sua sedia a rotelle e contro i quali egli si accanisce testardamente senza mai ottenere il risultato voluto. Spigliato e adeguato il Martino di Nicolò Donini.
Suono pulito e costante ricerca di un buon amalgama col palcoscenico per la direzione di Alessandro D'Agostini che, in sintonia con le scelte registiche, conferisce alla partitura un senso globale di leggerezza e levità senza ricercatezze eccessive, mirando sempre a conferire all'insieme la giusta fluidità.