La fruizione di uno spettacolo dal vivo può essere molto soggettiva: può piacere, non piacere, divertire o annoiare a seconda del proprio stato d'animo, della disposizione degli interpreti e ci fermiamo qui senza entrare troppo nello spinoso dettaglio.
Ma possiamo affermare che oggettivamente davanti a quest' Opera da tre soldi siamo in presenza di un'operazione fuori dal comune.
È fuori dal comune il cast, sia per numero che per qualità. Fuori dal comune la sua durata, 3 ore buone a cui siamo sempre meno abituati nel teatro di prosa, che ci porta verso rappresentazioni sempre più stringate. Non comune la possibilità di valersi d'un' orchestra, mi correggo dell'orchestra del Teatro San Carlo. Poco comune quindi la mole di denaro speso per la realizzazione, ed immagino, la rappresentazione.
Tornando al concetto prima espresso: quest'Opera da tre soldi è un evento straordinario. Da assiduo fruitore di teatro posso dire che dove ci sono tanti soldi c'è spesso uno spettacolo mediocre. Raramente ho visto grandi allestimenti che avessero un livello qualitativo alto, se non per la portata della sua struttura scenografica, tecnica e visiva.
Con grande stupore Luca De Fusco e compagnia hanno portato alla luce un'operazione bellissima. Tutti gli interpreti sono all'altezza dei ruoli, neanche la piccola particina è trascurata. La grandezza di un'attrice come Lina Sastri al servizio di un ruolo minore che , grazie alla sua superba presenza scenica, lievita diventando imponente.
La scenografia non è esagerata, ma giusta, efficacissima, ed insieme ai costumi riescono magicamente a spegnere i colori e a trasformare l'immagine in bianco e nero. Durante tutta la durata ci sono degli alti e bassi di ritmo, ma su tre ore di spettacolo è comprensibile e tollerabile. Mi aspettavo la diaspora del pubblico arrivati intorno alla mezzanotte, ed invece eravamo tutti li a vedere la fine di Mackie Messer. Non ha certo bisogno della mia analisi la grandiosità di Brecht, che conferma di essere un grande classico, in grado di parlare attraverso il tempo. Quest'opera sembra scritta ieri, ed ha più di ottant'anni. Le scelte registiche sono concrete, nulla di puramente intellettuale, l'idea non prevale sulla messa in scena ma la nutre. L'orchestra sensibile e precisa, ma a tratti pesante nell'esecuzione, non trascina ma si lascia trainare, sempre un attimo dietro il tempo. Un ultimo applauso, di cuore, forte, commosso va a Massimo Ranieri, il più moderno dei nostri artisti. Grandissima energia, canta, balla e recita con la stressa disinvolta freschezza. Mai retorico, mai compiaciuto,ma felice. Gode di ciò che fa senza troneggiare dall'alto. La sua interpretazione è viva, Mackie pensa quello che tramuta in parola o canzone, non delega al suono il senso, come la vecchia maniera che un po si risente nella voce di Ugo Maria Morosi. Vibra di ciò che dice, interagisce sinceramente con i suoi interlocutori.
Molti grandi interpreti si godono gli allori, salgono sul palco senza più mostrare nulla, poiché la fama recita al loro posto. Non si guadagnano più un applauso sincero, sono tributi alla carriera. Poi mi trovo di fronte a Ranieri che spreme fino all'ultimo la sua tecnica, si spende generosamente ed orgogliosamente. E non posso fare a meno di ammirarlo.
Prosa
L'OPERA DA TRE SOLDI
Brecht, finalmente.
Visto il
17-02-2012
al
Olimpico
di Roma
(RM)