Capolavoro di provocatoria originalità drammaturgica, “Loretta Strong”, partorito dal genio creativo del celebre artista franco argentino Raứl Damonte Botana (alias Copi), rivive in una messinscena visionaria di assoluta fascinazione estetica ideata dai superlativi Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa e ci restituisce una spietata elegia del cannibalismo urbano attraverso un monologo psichedelico che trasfigura l’allucinata giornata di Loretta, individuo dall’identità non meglio definita, in una stralunata spedizione spaziale al termine della quale il nostro eroe, che naviga a bordo di un’astronave e non si sottrae dalla lotta con gli alieni, dovrà seminare l’oro su di un pianeta lontano.
Sincretica ed iperbolica, l’allucinata lingua di Copì, che sfiora a tratti il grammelot, entra in una verificabile comunione virtuosa con l’ubertà poietica di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, così, mercé un uso sapiente dell'arbitrarietà dei nessi, arbitrarietà che governa, imponendogli una specifica legge, la struttura delirante e fortemente grottesca del mondo di Copi, assistiamo a passaggi repentini tra piani espressivi estremamente diversi e non bisogna stupirsi, dunque, se si passa con un’apprezzabilissima agilità dall’omaggio a Jerry Lewis, alla citazione melodica di Jimmy Fontana alla rievocazione storica del grande navigatore Francis Drake.
La scenografia cromofila, nell’invenzione scenica della Dal Cin, diventa un prolungamento dell’universo etico ed esistenziale del protagonista, pertanto lo strepitoso e coinvolgente Paolo Oricchio ed il grado di credibilità scenica che riesce a garantire alla pièce, si ipostatizzano perfettamente in una sorta di “Star Trek” sadomaso: un’ambientazione “strong” per “Loretta Strong”.
Il protagonista sembra crocefisso all’assurdo, al mondo surreale in cui cerca rifugio per allontanarsi dalla realtà ripugnante: "Loretta è Clitennestra, Fedra, Lady Macbeth, Solange, Winnie, Maria Maddalena de' Pazzi - spiega il regista – ma anche, aggiungiamo noi, Kris Kelvin (il protagonista del capolavoro di Tarkovskij , lo psicologo incaricato di recarsi in una stazione scientifica presso il pianeta Solaris ) in quanto “Loretta Strong” è il nostro reiterato (com)pianto sulla miseria intrinseca alla concezione individuale di soggetto".
Ne esce una graffiante riflessione sulla solitudine, sulla disperata euforia autoreferenziale di una vita che basta a se stessa, che si consuma in un proliferare di telefoni all'altro capo dei quali non occorre, ohimè, che ci sia qualcuno: “Noi abbiamo l(’)oro” ripete Loretta, ma a che serve se siamo soli?
Prosa
LORETTA STRONG
"EXTRA TERRESTRE PORTAMI VIA"
Visto il
29-03-2011
al
Arvalia
di Roma
(RM)