Scenografia minimalistica, d'impronta super classica, ed abiti casti neri o candidi, di taglio virato al moderno. E castissimo e raffinato – oltre che intensamente drammatico - è visivamente L'Orfeo di Monteverdi ideato da Pier Luigi Pizzi e portato sulle tavole del Teatro Alighieri di Ravenna.
Uno spettacolo che discende in qualche modo dall'allestimento basato sull'ampia revisione di Luciano Berio, messo in scena dal regista milanese a Firenze nel 1984 nel cortile di Palazzo Pitti. Ma che costituisce, né più né meno, una ripresa di quello d'apertura del Festival di Spoleto 2020, calato sulla lettura musicale di Ottavio Dantone e dell'Accademia Bizantina che, nel rispetto della più stretta filologia, preferiscono adottare l'equilibrata edizione critica di Bernardo Ticci.
Il melodramma nasce già grande, con una pastorale
E' incredibile come Monteverdi sappia infondere nel procedere monofonico delle melodie così tanta varietà ed espressività, aggiungendovi audaci tesori strumentali che sostengono i personaggi con drammatica intensità. Autore impegnativo quanto pochi altri, bisognoso di accortissima esegesi. Caratteristica delle letture musicali di Dantone è un suono pieno e spesso, brillante e variegato nei timbri e nei colori, ricco di scatti e di pulsioni dinamiche.
Sceglie con grande cura i singoli strumentisti della 'sua' Accademia, e questi ricambiano con un'eccellente precisione unita ad una sensuale morbidezza di suono; in più, lo assecondano in pieno nella evocazione di un fortissimo arco narrativo, che accompagna attentamente la prosodia degli interpreti e del coro, interprete capitale. Qui il Coro Cremona Antiqua accuratamente preparato da Antonio Greco, i cui membri raggiungono insieme vertici d'eccellenza.
Un mondo vocale espressivo
Qualche cantante viene dalla recita spoletina, come il tenore Giovanni Sala, eccezionale Orfeo di cospicua aderenza stilistica e drammatica, e d'espressività senza pari; e come il soprano Eleonora Pace, Euridice di tenera sensualità e dal caldo strumento vocale.
Alice Grasso penetra a fondo il ruolo della Messaggiera, immettendovi bella pluralità d'accenti; Massimo Altieri, Luca Cervoni ed Enrico Torre delineano efficacissimi, intensi Pastori, con interventi di scabra drammaticità; la brava Margherita Maria Sala dà pieno corpo alla Speranza; Mirco Palazzi tratteggia un Caronte in bilico far tenebrosità e patetismo, come ben suggeriscono i suoi versi; Daniela Pini e Federico Sacchi impersonano con densa e tetra tragicità i due numi infernali, Proserpina e Plutone; la Ninfa è ben resa da Chiara Nicastro.
Gino Potente firma le lineari coreografie, interpretandole insieme ad Elvira Elisa Ambruoso, Amedeo Angelone, Giampaolo Gobbi, Giovanni Imbroglia, Marta Negrini, Anna Occelli, Lilia Santarossa. Massimo Gasparon è light designer e regista collaboratore.
Lo spettacolo è ora raggiungibile sul sito regionale di Opera Streaming.